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Obama fa flop sulla Palestina, America mai così ininfluente

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Giuseppe Timpone

La questione palestinese al Consiglio di Sicurezza dell’Onu sta diventando la pietra tombale della politica estera di Barack Obama. Non è raro che l’attuale inquilino della Casa Bianca venga accostato al suo predecessore Jimmy Carter, che fu presidente dal 1977 al 1981. Molti lo fanno a mo’ di detrazione, per sottolinearne l’incapacità di affrontare i problemi dell’economia o per pronosticare la mancanza clamorosa di una riconferma per il secondo mandato, nonostante la popolarità per la prima elezione. Ma almeno Jimmy Carter, per quanto controverso, ebbe una qualche sua fisionomia in politica estera, magari fin troppo filo-palestinese, ma pur sempre con una idea complessiva degli USA nel mondo. L’America di Obama, al contrario, non può nemmeno fare conto dell’immagine all’estero, dopo gli insuccessi interni, vista l’umiliazione a cui è stata sottoposta in questi giorni da parte del presidente palestinese Abu Mazen, che non ha minimamente tenuto conto della richiesta del presidente americano di non sottoporre all’Onu la questione della nascita dello stato della Palestina.

Con il no di Abu Mazen e il voto contrario degli USA, atto dovuto, a questo punto naufraga la politica delle buoni intenzioni di Obama, che non guiderà più una superpotenza arbitro nelle contese mediorientali.

Oggi, paradossalmente, la continua indecisione di Obama, che non sa cosa vuole dappertutto, mette l’America in serissima crisi di leadership e credibilità nel contesto internazionale. Dopo avere auspicato come nessun altro presidente americano la nascita di uno stato in Palestina, adesso si rimangia la parola, travolto dagli eventi. Come dire, prima crea aspettative e poi è costretto a deluderle. E adesso Obama si ritrova contro la comunità ebraica e quella mussulmana, in un solo colpo. Il presidente del non decidere, delle parole vacue è stato ora detronato da arbitro e rischia di divenire giocatore involontario in una partita in cui non sa neppure quale ruolo voglia assumere e in quale squadra.

Gli ultimi sondaggi sono umilianti anche riguardo alla sua popolarità tra gli elettori afro-americani. Neol 2008, fu oltre il 90% la percentuale dei neri d’America che votò per lui. Alcuni mesi fa erano ancora l’83%. Oggi sono già crollati al 58%. E dire che dovrebbe giocare in casa, almeno tra loro.

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Giuseppe Timpone