I guai per il presidente americano Barack Obama continuano anche sul fronte internazionale. Ieri alle Nazioni Unite, a New York, Obama ha ringraziato tutti i governi che hanno reso possibile la cacciata di Gheddafi in Libia, tranne quello italiano. Una dimenticanza che difficilmente potrà essere interpretata come un errore, ma che semmai fa parte dell’arroganza del personaggio, il quale è molto succube nei confronti di leader amici o potenti e temuti, come nel caso del premier turco Erdogan, ma profondamente sgarbato e irriverente verso coloro che non lo assecondino in tutto e per tutto. E sappiamo che i rapporti tra Obama e il premier Berlusconi non sono idilliaci, da un punto di vista personale.
Ma se ieri ha voluto dare sfoggio di arroganza, in realtà la situazione dell’inquilino alla Casa Bianca è tutt’altro che rosea, sul piano della politica estera.
C’è la questione israelo-palestinese che sta infiammando il Medio Oriente, con il riposizionamento di Ankara e la nuova linea dell’amministrazione USA, propensa ad appoggiare la nascita dello stato della Palestina. Un punto su cui gli ebrei americani non concordano, sebbene vi siano differenze all’interno della comunità, tra liberal e ortodossi. Ma i Repubblicani non si lasciano sfuggire l’ennesimo punto debole della politica di Obama e sono schierati nettamente con il premier israeliano Benjamin Netanyahu. I rapporti tra quest’ultimo e la destra americana sono molto, molto stretti, tanto che Obama ha dovuto rivolgersi nelle settimane scorse a Tel Aviv, per sapere se il Congresso USA (a maggioranza Repubblicana) avrebbe approvato lo stanziamento di 50 milioni di dollari di fondi all’Anp.
E in questi giorni, un Repubblicano di spicco, il candidato alle primarie e governatore del Texas, Rick Perry, è stato visto in compagnia di due parlamentari israeliani di destra, Danny Danon, del Likud (partito di Netanyahu) e e Nissim Ze’ev, del partito ortodosso Shas. A rinvigorire i contatti tra la destra americana e la comunità ebraica negli USA è stata la vittoria storica del candidato Repubblicano Bob Turner alle suppletive di New York, in un quartiere in cui il voto ebraico è sempre determinante e che aveva favorito la vittoria di candidati Democratici ininterrottamente sin dal 1921. E il paradosso è che Turner ha vinto contro un candidato ebreo, David Weprin; un dato, che molti interpretano come un messaggio di sfiducia che gli ebrei d’America hanno inviato ad Obama. E un loro appoggio al GOP per le presidenziali del 2012 è ora molto probabile, con ciò determinando un ennesimo fattore di rischio per il già impopolarissimo Obama.