Medio Oriente, Erdogan mostra muscoli a Obama

Non passa giorno che la stampa estera non sia impegnata a prendere atto di una qualche dichiarazione o vicenda che riguardi il premier turco Recep Tayyip Erdogan che, forte dei suoi successi interni sul fronte economico e politico, sta “esportando” la propria forza anche sullo scenario internazionale al fine di ricollocare la Turchia su un piano decisamente più ambizioso e di primaria importanza. Erdogan mira ad essere il punto di riferimento per tutto il mondo arabo, interlocutore privilegiato dell’Occidente, ma con peso crescente su tutte le questioni mediorientali e sul Mediterraneo.

Capita che in questi giorni il presidente USA chiami il premier turco al fine di aiutarlo nella mediazione tra Israele e Palestina per raggiungere un accordo. E accade anche che Erdogan si limiti a rispondere al telefono, lasciando Obama sulle spine, anche su altre questioni dirimenti.

I raid anti-missili che gli USA vogliono installare in Turchia per prevenire possibili attacchi iraniani contro Tel Aviv e dissuadere Teheran sin dall’inizio dal compiere una tale scelleratezza, non sono più sicuri. I turchi non hanno detto di sì. Motivo? Vogliono essere coinvolti maggiormente nei processi decisionali dell’area e sanno che senza il loro appoggio salterebbero tanti potenziali accordi e l’instabilità si aggraverebbe in tutto il Medio Oriente. E’ accaduto e sta accadendo anche con il dossier Siria. Gli USA sperano nell’intervento di Ankara, la quale potrebbe costringere il regime di Assad a più miti azioni. Ankara, invece, continua nella sua politica di attacco frontale al regime di Damasco, ma di mediare non ne ha intenzione. Perchè mai fare un regalo gratis agli “amici” americani?

E con un Obama sempre più indebolito sin dal fronte interno, la Turchia ha buon gioco a mostrarsi dura e forte. Alza la voce anche sugli imminenti trivellamenti di gas greco-ciprioti, invisi ai turchi. Temporeggia sulla mediazione Israele-Palestina, mentre guadagna prestigio e consensi tra il mondo arabo, cavalcando la questione palestinese e aggiungendo la propria firma a quanti già da tempo chiedono due stati subito.

Si sta affacciando un nuovo protagonista sullo scenario mediorientale, che l’Occidente farebbe bene a considerare. Iniziamo col dimenticarci della Turchia fida e silente dei decenni passati, di un’Ankara prona e anelante solo al sogno di un ingresso in Europa. Forse, di entrare nella UE non le interessa neanche tanto più.

 

 

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