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Turchia, inizia “tour arabo” di Erdogan

Published by
Giuseppe Timpone

Lo aveva lasciato intendere il premier turco Recep Tayyep Erdogan che molte cose sarebbero cambiate dopo il minimo toccato in questi giorni con un amico storico come Israele. Detto, fatto. Da oggi inizia quello che è stato definito dalla stampa araba “il tour delle primavere arabe” di Erdogan, che partirà alla volta dell’Egitto, Tunisia e Libia. Non a caso, i tre stati i cui regimi sono stati recentemente travolti dalle proteste popolari e da vere e proprie guerre civili, come nel caso della Libia. L’obiettivo di Erdogan è rinsaldare l’asse tra Ankara e queste capitali, espandendo l’influenza dell’ex impero ottomano a tutta l’area mediorientale, favorendo non solo l’affermazione turca da un punto di vista geo-politico, ma anche in chiave economica.

La Turchia non è più uno stato secondario con cui si può o meno dialogare. Negli ultimi dieci anni, in silenzio, il pil pro-capite turco è triplicato e la crescita del 2010 si è chiusa con un +8,9%.

Lo scenario rimane molto ottimistico anche per i prossimi anni, nonostante le incertezze sul piano internazionale. Adesso la Turchia ha bisogno di nuovi mercati di sbocco per le sue merci, giocando una partita strategica, che prevede di andare oltre la tradizionale politica estera solo pro-Europa e pro-USA degli ultimi decenni. E lo spazientirsi del popolo turco per l’attesa infinita per l’ingresso nella UE si è trasformata in una ricerca di vie alternative, senza grossi rimpianti. Erdogan vuole fare della Turchia uno stato guida della realtà del Medio Oriente; in un certo senso, vuole riposizionarsi, sostituendosi a quello che fu l’Egitto di Hosni Mubarak, ossia uno stato dialogante con l’Occidente, in grado di avere credibilità e amicizie anche nel mondo arabo.

In tutta questa faccenda, Israele non può essere contenta, perchè si preannuncia un accerchiamento parecchio negativo nei suoi confronti, con la Turchia e l’Egitto post-Mubarak che chiudono a nord e sud quella linea del dialogo, a cui ormai Tel Aviv era abituata da moltissimo tempo.

Ankara non vuole certo trasformarsi in uno stato fondamentalista, nè anti-israeliano, ma i toni sono già cambiati e apertamente si appoggia il riconoscimento dello stato palestinese all’Onu. Solo un antipasto della strategia di conquista delle cancellerie e dei mercati arabi, che sta fruttando a Erdogan un boom di simpatie e consensi in tutto il Medio Oriente, oltre che nella sua stessa Turchia.

 

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Giuseppe Timpone