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Perchè non emettiamo bond convertibili in asset pubblici?

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Giuseppe Timpone

Allacciamo le cinture, perchè dalla Grecia potrebbe soffiare un uragano, che potrebbe travolgere l’intero impianto dell’Eurozona. E se ciò avvenisse, non ci sarebbero manovre che tengano. Per questo, è assolutamente importante che l’Italia, nei prossimi mesi, dia segnali forti di tenuta dei conti pubblici e di forte e immediata riduzione del debito.

Ora, l’Italia ha una stranezza, che agli occhi degli investitori stranieri sta diventando un’anomalia assurda. Siamo uno stato molto indebitato, a livello pubblico, ma allo stesso tempo vantiamo una ricchezza straordinaria di asset in mano allo stato, composti soprattutto di azioni, immobili, oro, che potrebbero risanare in un solo colpo l’intero debito.

Anche solo escludendo i beni non cedibili, perchè funzionali all’esercizio delle funzioni dello stato e all’espletamento dei servizi (scuole, ospedali, caserme, uffici amministrativi, etc.), restano centinaia di miliardi di valore, che se smobilizzati potrebbero imprimere un’inversione a U nella storia del nostro debito, influendo anche sui bilanci annuali dello stato, per effetto dei minori interessi da pagare.

Poichè dalle parti del governo si profetizza la difficoltà nello smobilizzo degli immobili pubblici, con operazioni che rischierebbero di essere lunghe e complicate, ammesso che ciò sia reale, si potrebbe effettuare un’operazione semplice e immediata: l’emissione di titoli di stato convertibili in beni pubblici, di volta in volta individuati e indicati in modo incontrovertibile sugli stessi bond.

Ecco, ad esempio, che per tale via si potrebbero mettere sul mercato circa 115 miliardi di BoT e BTp convertibili in oro alla scadenza, per cui sarebbe l’investitore a scegliere, sulla base della reale convenienza, se richiedere il contante o se, al contrario, acquisire la proprietà dei beni indicati (in questo caso, di oro), come avviene sul mercato privato con le obbligazioni convertibili in azioni.

E il processo potrebbe essere esteso a centinaia e migliaia di beni immobili e alle azioni in mano al Tesoro, che per tale via sarebbero privatizzati, senza alcuna complicazione fattiva, consentendo anche nell’immediato l’abbassamento dei rendimenti all’asta, grazie alla collateralizzazione di fatto di cui i titoli godrebbero. Detto in altri termini, i titoli di stato sarebbero coperti da ipoteca, che garantirebbero un minore rischio nell’investimento.

 

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Giuseppe Timpone