La Grecia non è riuscita nell’intento di raggiungere un tasso di scambio del 90% dei suoi titoli con scadenza 2020, che ammontano a un valore di 135 miliardi di euro. Secondo alcune indiscrezioni, ma non verificate, molto probabilmente l’operazione di swap dei titoli ellenici non avrebbe superato la percentuale del 70%.
Un dato allarmante, perchè il ministro delle finanze di Atene, Evangelos Vezenilos, aveva minacciato di non dare corso all’operazione se non fosse stata raggiunta la soglia del 90%. Una minaccia, che però molti vedono come una forma di pressione, ma che non dovrebbe effettivamente essere esercitata, specie se si è comunque vicini a tale soglia.
Gli swap prevedono quattro forme di scambio dei titoli già in possesso della clientela retail: 1) possibilità di scambiare titoli con altri titoli al 100% del loro valore nominale, ma con scadenza a 30 anni e collateralizzazione sempre a 30 anni, con titoli già depositati con la tripla A; 2) possibilità di rinnovare alla scadenza i vecchi titoli con nuovi delle stesse caratteristiche; 3) scambio con nuovo titolo dell’80% del valore nominale del vecchio, scadenza a 30 anni, collateralizzazione e cedola iniziale a 79; 4) scambio con titoli a 17 anni, dell’80% del valore nominale e collaterizzazione, cedola fissa e ammortamento dal 13esimo anno.
Il fallimento dell’obiettivo del 90% ha spinto molti analisti a ritenere che in questo stesso weekend ci potrebbe essere il default greco. Un’eventualità che Atene ha smentito, ma sulla quale pare che la Germania si sia già preparata, mettendo a punto un piano di salvataggio delle sue banche, in caso di bancarotta greca.
A rinvigorire le voci su un imminente default contribuiscono i dati sulla crescita, con il pil in calo nel secondo trimestre del 7,3%, rendendo impossibile il raggiungimento degli obiettivi di bilancio concordati con la troika (BCE, UE e FMI), ma senza il quale non arriveranno nuovi aiuti.