Ieri sera alla Ronald Reagan Library in California, un luogo simbolo del presidente più amato dai Repubblicani e anima stessa della destra americana, è andato in scena l’incontro-scontro tra gli otto candidati del Partito Repubblicano che si sfideranno alle primarie alla ricerca della nomination per battere Obama alle presidenziali del novembre 2002. Mancano cinque mesi al primo appuntamento elettorale, quando si apriranno i seggi delle primarie in Iowa, a febbraio, ma la sfida è partita subito accesa, per quanto non abbia riguardato tutti i candidati. Se ufficialmente erano in otto a sfidarsi, in realtà hanno avuto la loro visibilità soltanto in due: il governatore del Texas, Rick Perry, e l’ex candidato alle primarie del 2008, Mitt Romney, già governatore del Massachussets.
Tra i due sono scoppiate scintille, ad esempio, quando Perry ha attaccato Romney e rivolgendosi a lui ha affermato: “Mitt, da governatore hai creato meno posti di lavoro di Dukakis (candidato Democratico alle presidenziali del 1988). Pronta la risposta di Romney: “Tu ne hai creati meno di George W.Bush”. Ma è su un altro tema che sono emerse reali divisioni tra i candidati, quello delle pensioni. Perry ha affermato che non si può dire a un giovane di 25 anni che i suoi quattrini versati oggi allo stato potranno garantirgli la pensione, perchè il sistema previdenziale si regge su uno schema Ponzi, cioè è una truffa. Romney ha risposto che non si tratta di abbattere il sistema pensionistico pubblico, ma di riformarlo.
In ombra gli altri candidati. Anche la candidata dei Tea Party, Michele Bachmann, non è sembrata molto convincente. Si è detta contraria ai tagli alla difesa, ma per il resto non ha entusiasmato secondo le attese. Ma secondo un sondaggio della Nbc, realizzato subito dopo la fine del dibattito, a sorpresa il più convincente è parso Ron Paul, considerato un outsider, che si sarebbe aggiudicato il 43% dei voti, contro il 21,7% di Romney e il 16,5% di Perry. Ma attenzione: il voto non era ponderato, ossia era frutto di invio di risposte spontanee, pertanto non costituisce un sondaggio effettivo sulle intenzioni di voto o cose simili.
Poi c’è un altro dato che non va mai sottovalutato quando si guarda a un confronto in TV tra i candidati. C’è una divergenza tra voto alle urne e voto nei sondaggi post-confronto. Ad esempio, un candidato come Rick Perry da il meglio di sè non in un confronto formale con altri candidati, bensì a contatto con gli elettori. E sono loro a votare, non il pubblico da casa.