È il giro delle polemiche, la gara ciclistica che sta attirando le attenzioni su di sé più per gli episodi di cronaca da cui è caratterizzata che per le imprese sportive dei ciclisti: benvenuti al Giro della Padania, manifestazione organizzata dal senatore leghista Michelino Davico, che passerà in archivio come la corsa delle polemiche e dei tafferugli. Dopo gli incidenti che si sono verificati ieri nel corso della prima tappa, con un poliziotto investito da un’auto, oggi la situazione non è certo migliorata: quando il gruppo è transitato per Savona, i contestatori (in gran parte militanti di sinistra) hanno bloccato la strada, costringendo gli organizzatori prima a tentare un cambio di percorso, poi ad affrontare le contestazioni.
In mezzo ai manifestanti erano presenti i segretari provinciali di Prc e Pd, Marco Ravera e Livio Di Tullio, quello della Cgil, Francesco Rossello: urla, spintoni e persino qualche schiaffo sarebbe partito verso i corridori, colpevoli a dire di chi protestava, di aver partecipato ad una manifestazione di “regime”, che non è altro che un tentativo di strumentalizzazione dello sport.
“Fateci fare il nostro mestiere” è il succo di un messaggio che il leader della corsa Sacha Modolo e Ivan Basso, uno degli atleti più rappresentativi tra i partecipanti alla competizione (che tocca quasi tutte le regioni del nord Italia), hanno inviato agli organizzatori: “Siamo qui solo per correre. Siamo professionisti e chiediamo rispetto per il nostro lavoro. Qualcuno è andato anche oltre e ci ha rifilato delle sberle – accusano i corridori -. Per noi questi comportamenti sono inaccettabili, siamo degli sportivi, ci alleniamo e fatichiamo quotidianamente per poter correre, non accettiamo che i nostri sforzi vengano resi vani in questo modo”.
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Si rivolge invece alla Federciclismo, il segretario di Rifondazione Comunista, Paolo Ferrero, per chiedere l’annullamento della corsa: “La federazione riconosca l’errore: il ciclismo è uno sport che presuppone il consenso delle popolazioni dove le corse si svolgono. La Fci prenda atto che nel nord Italia non esiste il consenso al Giro della Padania e lo interrompa”. Polemiche quindi che sembrano non accennare a diminuire e se la gara andrà avanti si preannunciano nuove giornate di protesta. E pensare che basterebbe un nome diverso per evitare inutili attriti e per fare in modo che almeno lo sport sia lasciato fuori da un’assurda invasione della politica.