Le quotazioni dell’oro in queste ultime sedute si aggirano sui 1900 dollari all’oncia, dopo avere toccato il record storico dei 1920 dollari un paio di sedute fa. Per quanto già i livelli siano abbastanza alti (all’inizio dell’anno si era sui 1400 dollari l’oncia), il trend sembra essere rialzista e questo non solo sulla base di una situazione contingente, bensì trattasi di un andamento di fondo, dato che negli ultimi sette anni il prezzo del metallo prezioso è semplicemente quantuplicato.
La ragione di tale boom dei prezzi risiede nella crescente consapevolezza degli operatori economici che le valute forti del pianeta, come dollaro e euro, riflettono economie molto indebitate e non sono più considerabili beni-rifugio (nel caso storico del dollaro), in grado di difendere gli investimenti effettuati. Sulla base di alcune previsioni, pare che il limite raggiungibile sui mercati possa essere addirittura la quotazione di 2400 dollari all’oncia per l’oro.
Ora, con riserve auree di circa 2500 tonnellate, la Banca d’Italia si ritrova al momento un patrimonio di almeno 115 miliardi di euro, ossia oltre il 7% del pil. In una fase drammatica come questa, con l’assoluta necessità di sgravare la nostra economia al più presto dal peso soffocante dell’indebitamento pubblico (quasi al 120% del pil), Palazzo Koch potrebbe rappresentare la soluzione d’impatto al problema. Come? Potrebbe scambiare l’oro con i titoli del debito sul mercato. In sostanza, soprattutto rivolgendosi agli investitori istituzionali (banche, finanziarie, etc.), potrebbe dare vita a un’operazione di scambio (swap) dell’oro in suo possesso, ritirando bond in circolazione. Questa soluzione, al posto della classica vendita dell’oro, con il cui ricavato procedere all’annullamento di una fetta di debito, avrebbe vari punti di convenienza.
Primo: è poco macchinosa. Semplicemente, si cede al titolare di bond italiani un certificato di deposito di una quantità di oro per la somma corrispondente al credito vantato al momento dello scambio. Il prezzo dell’oro all’oncia potrebbe essere fissato sulla base delle quotazioni medie di queste settimane, rendendo l’operazione certa nelle cifre e tendenzialmente allettante per gli investitori. Infatti, e siamo al punto secondo, sarebbe l’investitore a scegliere il momento in cui ritirare materialmente l’oro, che potrebbe, ad esempio, essere mantenuto fisicamente sempre nei caveau di Bankitalia e consegnato solo quando l’investitore lo riterrà opportuno e conveniente, magari in vista di una sua vendita.
Terzo punto: così facendo, si evita una vendita diretta sul mercato, con conseguente possibile riduzione del prezzo dell’oro, per effetto della maggiore offerta. Quarto punto: le banche detentrici di debito, che scambiassero tali titoli con certificati di deposito di oro, potrebbero beneficiare di un presumibile rialzo dei prezzi del metallo, nel frattempo sfruttando tale fluttuazioni al rialzo come fonte di accresciuta patrimonializzazione.