Libertà di fare accordi con i sindacati maggiormente rappresentati in azienda che vadano anche in direzione opposta a quella prevista dal contratto nazionale e dallo statuto dei lavoratori: l’emendamento introdotto nell’articolo 8 della manovra bis è letto dalla Cgil (e non solo) come la libertà per le aziende di licenziare senza giusta causa, in pratica un espediente per liberarsi del divieto presente articolo 18 dello statuto dei lavoratori. La normativa, che è stata approvata ieri dalla commissione bilancio del Senato, ha aperto nuovamente il dibattito in merito al divieto di licenziamento senza giusta causa e ha avuto l’effetto di spaccare i sindacati proprio alla vigilia della sciopero generale indetto dalla Confederazione Generale Italiana del Lavoro: sul piede di guerra la Camusso che annuncia anche un ricorso alla Corte Costituzionale, mentre Cisl e Uil approvano la nuova normativa.
Così se il segretario generale della Cisl, Giorgio Santini non vede con l’approvazione dell’emendamento l’aumento della libertà di licenziare, quello della Cgil affila le armi per una battaglia che assicura andrà avanti in tutte le sedi: “Le modifiche introdotte dalla maggioranza all’articolo 8 – dichiara la Camusso – indicano la volontà di annullare il contratto collettivo nazionale di lavoro e non solo l’articolo 18, ma l’intero Statuto dei lavoratori: tutto ciò in violazione dell’articolo 39 della Costituzione e di tutti i principi di uguaglianza sul lavoro che la Costituzione stessa richiama. Con all’approvazione dell’emendamento in questione si evidenzia ancora una volta il comportamento autoritario del governo che interviene sull’autonomia contrattuale delle parti, con una scelta che non ha precedenti nella storia della nostra Repubblica”.
Il numero uno di Via del Corso va oltre annunciando, in un’intervista pubblicata sull’edizione odierna di Repubblica, il ricorso alla Consulta: “‘Ricorreremo alla Corte costituzionale per tutelare i lavoratori i cui diritti dovessero essere messi in discussione da questa legge, ma non ci fermeremo qui: apriremo un conflitto in tutte le aziende e i territori. Ovunque si proverà ad applicare la norma arriveranno gli scioperi”.
Ad appoggiare la Cgil ci sono i partiti di centrosinistra con il Pd che, con il senatore Giovanni Legnini, parla di “follia giuridica e politica”, e il leader dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro secondo cui la norma non ha nessun ritorno economico ed è solo un atto che rende evidente l’odio del governo verso il mondo del lavoro pubblico e privato. A difesa della norma si lancia il ministro Sacconi, secondo cui l’emendamento contiene elementi che rendono più certa l’interpretazione delle novità previste in manovra circa la capacità dei contratti aziendali e territoriali.