La notizia degli ultimi giorni è che il segretario del PDL, Angelino Alfano, è riuscito nella non facile impresa di trovare un accordo con la Lega Nord attraverso i suoi canali di comunicazione, Roberto Maroni e Roberto Calderoli. Un’intesa sulla manovra che dovrebbe eliminare parzialmente, o forse anche del tutto, il tanto odiato contributo di solidarietà previsto da Tremonti per i redditi sopra i 90 mila euro annui; ma ci dovrebbero essere anche minori tagli a comuni e province, senza che si debbano toccare le pensioni. Accontentate, quindi, le volontà di entrambi i partiti, che mal digerivano da un lato l’aumento delle imposte e dall’altro tagli troppo trancianti agli enti locali, il maggior gettito dovrebbe provenire da un aumento dell’aliquota Iva dal 20% al 21%. Ma l’asse appena raggiunto tra quelli che sono i nuovi leader dei due rispettivi partiti della maggioranza avrà un effetto non secondario sul sistema politico.
Uno: è di fatto iniziato il dopo Berlusconi, così come era nei desideri dello stesso premier, ossia senza strappi, ma concedendo al suo delfino un sempre maggiore spazio di manovra politica. Secondo: il fatto che Alfano e Maroni abbiano rimesso mano alla manovra, dando voce alla maggioranza parlamentare, mette nell’angolo colui che queste misure le aveva imposte a tutta la coalizione e il governo: il ministro Giulio Tremonti.
Al meeting di Rimini, l’intervento di Tremonti è stato glaciale sul governo, non una parola, non un sostegno, non una citazione del premier. Si è, anzi, lamentato del dibattito interno alla maggioranza. Parole, che mettono una pietra tombale sul suo futuro in via XX Settembre, che potrebbe lasciare molto prima del previsto. La Lega non lo considera più insostituibile e al contrario inizia a comprendere che proprio la politica economica del suo (ex) pupillo crea il malcontento dei ceti produttivi del nord, che poi è un po’ la stessa musica che si sente in tutte le latitudini del Paese.
E l’asse nascente tra coloro che molto probabilmente traghetteranno il PDL e la Lega nel futuro prossimo non può che soddisfare anche il premier Berlusconi, che avrebbe un sostegno concreto dalla sua maggioranza contro l’arroganza del suo ministro e avrebbe conferma della possibilità che il suo PDL possa sopravvivere anche dopo il suo addio alla premiership.