Continua a fare rumore l’inchiesta che vede indagato a Monza l’ex presidente della provincia di Milano, già sindaco di Sesto San Giovanni, nonché fino a qualche settimana fa vice-presidente del Consiglio Regionale della Lombardia e uomo forte della segreteria di Bersani (PD), Filippo Penati. Mentre si procede con gli interrogatori e con la ricerca delle prove, si sa ora che Penati ha evitato per un soffio l’arresto, in quanto i Pm si sarebbero concentrati su capi di imputazione che sono corruzioni prescritte.
Ma il quadro indiziario si aggrava e si arricchisce di particolari allarmanti. Si apprende, ad esempio, che la moglie di Penati incontrò in una cena sociale della Bcc di Sesto San Giovanni Giuseppe Pasini, il 16 maggio scorso e gli disse che il marito lo voleva vedere, per parlargli.
Pasini accettò e i due si incontrarono il giorno seguente. Una passeggiata tra Penati e Pasini, durante la quale il primo chiede al secondo cosa egli abbia detto agli investigatori, che già lo stavano interrogando sul caso e gli ha chiarito che Di Caterina ha tenuto i soldi per sé e lui non avrebbe preso una lira. Insomma, Penati avrebbe fatto capire a Pasini che questa doveva essere la versione da raccontare ai magistrati. Una volontà di inquinamento delle indagini che i Pm monzesi non esitano a definire sconfortante, in quanto sono le stesse modalità che in genere usa “un delinquente” per fare pressione sui presunti testimoni.
Ancora a giugno, Penati avrebbe fatto valere la sua figura, in favore di Di Caterina, che aveva problemi con le concessioni in alcuni comuni della provincia di Milano, come a Cinisello Balsamo. Per dirla breve, secondo gli investigatori, Penati ha continuato ad abusare del proprio ruolo istituzionale fino ai giorni in cui è arrivato l’avviso di garanzia, anche perché si considerava forse quasi in dovere con l’imprenditore dei trasporti.
E si scopre, infatti, che Di Caterina ha dichiarato agli inquirenti che Penati era solito recarsi presso il suo ufficio, per ricevere una busta con denaro contante, che gli veniva consegnato dalla sua segretaria. Dazioni di denaro per qualche decina di migliaia di euro per volta. Una commistione oscura, quanto regolare, tra interessi imprenditoriali e politici, che hanno dato vita al sistema Sesto, la spia delle tangenti rosse in Italia.