Il Brent europeo con consegna ad ottobre ha subito ieri una flessione nelle quotazioni, perdendo circa 1,18 dollari al barile. E’ stato solo il primo segnale delle attese che i mercati nutrono in queste ore, riguardo alle ripercussioni positive che una svolta a Tripoli potrebbe imprimere sulla produzione di greggio. Il regime di Gheddafi ha, infatti, interrotto la produzione e l’estrazione di nuovo greggio, sia come punzione per gli occidentali per il loro sostegno ai ribelli, sia per evitare che questi ultimi potessero impadronirsi dei relativi proventi.
Se un nuovo governo fosse in grado di insediarsi al più presto, il ritorno alla produzione potrebbe essere per il 50% dei livelli pre-guerra entro il 2012, per correre a pieno ritmo entro il 2013.
Una buona notizia, dato che la Libia fornisce ogni giorni 1,8 milioni di barili e si conta che abbia riserve per complessivi 44 miliardi di barili di greggio.
Questo potrebbe fare diminuire i prezzi dell’oro nero, già a partire dai prossimi mesi, mentre è evidente che il tiepido calo di ieri è stato più psicologico, che dettato da immediate ragioni pratiche.
Premiata dagli investitori Eni, che ha visto le proprie azioni salire di oltre sei punti. Ed Eni, Total, Bp, Shell e ExxonMobil sarebbero in pole position per la riconferma dei contratti già stipulati con il regime di Gheddafi. Gioca in loro favore il fatto che i rispettivi governi siano intervenuti, in favore dei ribelli. Lo spiega il responsabile della seconda compagnia petrolifera pubblica della Libia, un tale Mayouf, che spiega, invece, come ci possano essere problemi a firmare accordi con aziende di Cina, Brasile e Russia, essendosi questi Paesi schierati contro le sanzioni a Gheddafi.