La manovra finanziaria potrà subire una qualche modifica, magari non tanto nell’impianto generale, con i saldi che dovranno restare sempre quelli, ma nell’aspetto qualitativo, dopo che una ventina di deputati del PDL è uscita allo scoperto, manifestando il proprio malumore, rispetto a una piattaforma di riduzione del deficit, basata sull’incremento delle tasse.
Su questo punto, sono spalleggiati dal presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, che chiede che si intervenga su due capitoli, che annullerebbero la necessità dell’introduzione di un contributo di solidarietà oltre i 90 mila euro di reddito: pensioni di anzianità e Iva.
Sul primo punto, l’intesa è molto stretta. La Lega non vuole toccare le pensioni. Confindustria, invece, chiede che si ragioni in termini di aumento delle quote per le pensioni di anzianità, che disincentivino quasi del tutto il ricorso a questo strumento, da oggi al 2015. Ma è anche sull’Iva che si registrano alcune forti opposizioni, tra cui dello stesso premier, il quale non vuole che l’aumento dell’imposta gravi sui consumi, creando un effetto depressivo e inflazionistico.
Un aumento dell’aliquota dal 20% al 21% porterebbe nelle casse dello stato circa 6 miliardi in più all’anno, ma l’ipotesi non sembra al momento realizzabile.
La quadra, invece, potrebbe venire dalla possibilità di dismettere pezzi del patrimonio immobiliare e mobiliare pubblico, con la vendita delle quote statali in Eni, Enel, Ferrovie, Poste e Rai, oltre che di migliaia di edifici già dismessi, come le caserme. Fino a un massimo di 500 miliardi di euro, si calcola al Tesoro. Pensate che se si riuscisse a vendere solo un quinto di tale patrimonio, riusciremmo in un solo colpo a fare scendere il debito di 6-7 punti del pil. E se si aggiungono le riserve di oro alla Banca d’Italia per altri 100 miliardi, il debito potrebbe diminuire in poco tempo di circa il 12% del pil attuale.