Le istituzioni europee scoprono di esistere ancora e dopo avere latitato per mesi, nel corso della bufera finanziaria, adesso fanno sentire timidamente la loro voce. Ieri, il commissario agli affari monetari, Olli Rehn, ha preso carta e penna e scritto al Parlamento europeo, affermando che Bruxelles sarebbe pronta a prendere in considerazione l’idea dell’emissione centralizzata del debito europeo, dei cosiddetti eurobond e sostenendo che già sarebbero allo studio le soluzioni.
Una presa di posizione in contrasto netto con l’esito del vertice disastroso della scosa settimana tra il cancelliere Angela Merkel e il presidente francese Nicolas Sarkozy, che almeno su questo punto avevano dimostrato di avere idee chiare: di eurobond non se ne parla.
Un debito centralizzato costerebbe parecchi miliardi a francesi e tedeschi, oltre che agli altri stati con la tripla A, in quanto oggi pagano il minimo possibile di interessi sui loro titoli di stato, ma un domani, se il debito fosse unico, dovrebbero sobbarcarsi un aumento della spesa per interessi, dato che i rendimenti risulterebbero dalla media ponderata di quelli nazionali di oggi.
E stando alle cifre dell’istituto di ricerca tedesco Ifo, Berlino pagherebbe ogni anno qualcosa come 47 miliardi di euro in più. Inaccettabile, improponibile. C’è poi l’altra grande questione che i tedeschi temono: la maggiore rilassattezza nella spesa. Se i debiti sono di tutti, accadrebbe che gli stati già spendaccioni sarebbero ancora meno accorti nella gestione della loro spesa pubblica e con il rischio di annullare persino i benefici che si avrebbero con gli eurobond. Ma a settembre pare se ne parlerà lo stesso.