Contributo di solidarietà e calciatori: quando Calderoli ha ragione

Di primo acchito verrebbe da dire : da che pulpito viene la predica. Già, perché se a fare la morale ai super-pagati e ultramilionari calciatori di Serie A è Roberto Calderoli,  un rappresentante della classe politica, la stessa accusata da più parti di avere troppi privilegi, l’esclamazione (come la domanda per Antonio Lubrano) nasce spontanea: da che pulpito viene la predica. Però a ben pensarci l’invettiva-minaccia del ministro non è poi così sbagliata: già, perché se lo stato in cui versa l’economia italiana è quello che è, ed i sacrifici imposti dalla manovra emanata dal governo riguardano un pò tutti, non si capisce perché proprio chi la crisi la sente solo in televisione dovrebbe sfuggire al dazio da pagare.

E allora giusto dire  come ha fatto Calderoli che “se i calciatori  dovessero continuare a minacciare scioperi o ritorsione proporrò che come ai politici anche ai calciatori venga raddoppiata l’aliquota del contributo di solidarietà” e ancora “i calciatori fanno i capricci: non so se sia giusto o meno il contributo di solidarietà ma se c’è qualcuno dovrebbe pagarlo sono proprio i calciatori che rappresentano la casta dei viziati”.

Un’entrata dura da parte del ministro all’interno della diatriba che vede contrapposti le società di calcio e l’associazione italiana calciatori: da un lato i club con Galliani in testa che chiedono che il contributo di solidarietà sia a carico dei tesserati, dall’altro lato il vicepresidente dell’Aic, Leo Grossi che parla di speculazione spicciola e spiega come i calciatori rispettano le stesse leggi in vigore per tutti i lavoratori subordinati e in base al contratto stipulato tra società e calciatore si stabilirà chi dovrà avere in carico il contributo di solidarietà.

Di avviso simile anche il fiscalista Victor Uckmar che, dalle pagine del “Corriere della Sera”, spiega come prima di poter stabilire con certezza a chi spetterà l’onere del contributo di solidarietà bisognerà vedere cosa è scritto nella legge, anche se, aggiunge “in un momento come questo sarebbe un segnale positivo se i calciatori contribuissero a prescindere, visti gli ingaggi che percepiscono”. Un’affermazione con la quale non si può non concordare perché se sacrifici devono essere fatti è giusto che i primi a farli siano coloro i quali possono guardare trascorrere le settimane sul calendario con la serenità di chi sa di non aver problemi ad arrivare a fine mese, calciatori ( e politici) compresi.

 

Gestione cookie