Il trentaduenne norvegese, Anders Behring Breivik, saltato alla ribalta delle cronache mondiali per i tragici fatti del 22 luglio, è tornato sull’isola di Utoya, dove la polizia locale gli ha chiesto di ripercorrere le tappe della carneficina di cui si è reso responsabile, con l’uccisione a sangue freddo di oltre 80 ragazzi. Era il 22 luglio e Breivik, dopo avere pubblicato su internet un folto documento di 1500 pagine, dove spiegava le ragioni di una difesa dal modello multiculturale che ha pervaso l’Europa e la Norvegia, si recava nella capitale, dove a pochi metri dalla residenza del primo ministro faceva saltare dell’esplosivo che ha provocato otto vittime. Ma la strage più cruenta avviene sull’isola di Utoya, in cui era in corso un campeggio dei giovani laburisti, partito al governo dello stato nordico. Breivik si reca sull’isola e uccide uno a uno ben 85 ragazzi, che hanno solo la colpa di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. La ragione del gesto sta nel fatto, spiegherà dopo Breivik, che i laburisti sarebbero responsabili dell’ondata di invasione di mussulmani in Norvegia e pertanto la strage sarebbe un atto necessario, per fare aprire gli occhi ai norvegesi e all’Europa intera.
Ieri l’uomo si vede in alcune immagini di una tv locale, mentre ripercorre senza esitazione il percorso della strage, tenuto a una sorta di guinzaglio alle caviglie da parte della polizia.
Si nota Breivik che mima alla polizia i gesti di quel terribile 22 luglio. Un remake simulato che dura ben otto ore, al fine di dissipare ogni dubbio sulle modalità con cui si è realizzato il massacro sull’isola. L’avvocato di Breivik conferma che il suo assistito non si ritiene colpevole di “intento criminale”, in quanto l’atto sarebbe a suo dire giustificato da un intento politico.
La polizia, dal canto suo, conferma che l’uomo collabora pienamente alle indagini, sebbene non mostri alcun segno di rimorso. Ma è proprio sull’operato della polizia quel tragico 22 luglio che divampano le polemiche. Pare che Breivik abbia chiamato dieci volte alla polizia, tramite il telefonino di una vittima, per arrendersi. Le forze dell’ordine non confermano di avere ricevuto alcuna chiamata, mentre è certo che abbiano scelto la via più lunga per arrivare sull’isola, avendo anche sbagliato il percorso per arrivarvi.
Una perdita fatale di molto tempo, che ha consentito a Breivik di compiere una strage, senza alcun intervento per difendere le potenziali vittime. Errori dopo errori, di cui la polizia di Oslo non potrà che rendere conto.