Qualcosa si sta muovendo a Pechino. Il tasso di cambio della valuta cinese è da anni al centro di un tormentato dibattito internazionale, che vede la Cina arroccarsi sulla difensiva, nei confronti di quanti le chiedono di rivalutare lo yuan, fissato a una parità troppo bassa, tale da distorcere il meccanismo di import-export in suo favore. La valuta cinese, infatti, non è lasciata al libero mercato, ma fissata dalle autorità monetarie di Pechino, sulla base di un paniere di indici non meglio specificati. E’ stato, però, di recente consentita un’oscillazione massima verso l’alto e il basso dello 0,5% giornaliero, al fine di ammorbire un pò la rigidità del cambio.
Ieri, però, Pechino ha deciso di rivalutare la propria moneta, portando il cambio con il dollaro a 6,399, che rappresenta un apprezzamento di oltre il 3% dall’inizio dell’anno in corso. La decisione si è resa necessaria, dopo la pubblicazione sia dei dati dell’inflazione cinese a luglio, ormai giunta al 6,5% su base annua, sia di quelli della bilancia commerciale americana, che complice la politica dei tassi zero, si attesta a un saldo rosso a giugno per oltre 53 miliardi di dollari, in crescita del 4,4% sullo stesso mese del 2010.
Ci sono, insomma, tutti gli elementi per potere portare il cambio al rialzo, cosa che potrebbe fare affluire minore valuta in Cina, calmierando i prezzi, e stabilire un maggiore equilibrio nell’interscambio commerciale, evitando di continuare a generare distorsioni in favore di una crescita “export-led”. Si attende ora un’ulteriore rivalutazione del cambio yuan contro dollaro entro fine anno, per circa l’1,5%.