Bocciatura pressochè totale da parte di Pier Luigi Bersani della manovra economica che nelle prossime ore sarà messa nero su bianco, dopo un paio di conferenze stampa da parte del governo. Una serie di misure “inadeguate e poco credibili, fortemente inique sul piano sociale e fiscale”. Un intervento che per i democratici sarà addirittura controproducente, vessando i ceti popolari e chi già paga le tasse e che deprimerà ulteriormente l’economia invece di farla decollare. Ma in risposta alle critiche di essere dei semplici “bastian contrari”, arriva una sorta di “manovra alternativa” stilata dagli esperti del Partito Democratico, in diversi punti.
1) Una novità sicuramente interessante è il “prelievo una tantum” sui capitali portati illegalmente all’estero che hanno usufruito dello “scudo fiscale” così da uniformarli alla revisione della tassazione sulle rendite finanziarie (che passerà al 20 per cento) per un gettito calcolato complessivo di 15 miliardi, da utilizzare per i pagamenti arretrati dovuti dalla Pubblica Amministrazione alle imprese creditrici e per intervenire sul patto di stabilità interno, dando respiro ai comuni.
2) La riproposta di agguerrite misure contro l’evasione fiscale, di cui parte frettolosamente abolite (ed in alcuni casi disperatamente ripescate) dal governo in carica, come la tracciabilità dei pagamenti ma con soglia scesa a 1.000 euro. Altre idee sono un elenco obbligatorio di clienti e fornitori per le aziende e la “descrizione del patrimonio” da redigere nella dichiarazione dei redditi.
3-4) Il Pd reclama l’allineamento delle imposte italiane sugli immobili privati a quelle di numerosi altri paesi industrializzati. La proposta è l’introduzione di una tassa unica (che quindi assorba anche la comunale) e progressiva sugli immobili basata sui valori di mercato, con una serie di esenzioni. Per quanto riguarda il patrimonio immobiliare pubblico, si propone una dismissione, in accordo con gli enti locali, della durata di 5 anni e con una stima di ricavo di 25 miliardi di euro.
5) Portare avanti le proposte già presentate su liberalizzazione di ordini professionali, farmaci, filiera petrolifera, RC auto, portabilità di conti correnti, mutui e servizi bancari, separazione rete gas, servizi pubblici locali. Si ribadisce la non obbligatorietà delle privatizzazioni (qualcuno ricorderà la disputa sulla posizione del Pd rispetto al referendum sull’acqua) e si affida questa eventualità a gare locali anche per la liberalizzazione dei servizi pubblici. Tutto già possibile, si ricorda enfaticamente nel testo, senza aspettare la revisione del fantomatico articolo 41 della Costituzione.
6) Per la crescita, si chiedono misure immediate per “alleggerire gli oneri sociali” e per “l’efficienza energetica, la tecnologia italiana e la ricerca”, richiamando ad una maggiore attenzione per le potenzialità del Sud Italia, ed enfatizzando i recenti accordi autonomi tra le parti sociali.
7) Per l’ormai abusato capitolo dei “tagli ai costi della politica” il Pd sembra non far sconti: riduzione del 50% dei parlamentari, accorpamento dei piccoli comuni, dimezzamento delle province secondo lo schema contenuto in un emendamento già presentato insieme all’Udc. Ed ancora: accorpamento degli uffici periferici di Stato, dimezzamento delle società pubbliche, revisione delle modalità di acquisto di beni e servizi nella pubblica amministrazione, centralizzando il sistema.
Su tutto questo Bersani annuncia battaglia: “Per tre anni, pur di fronte agli avvertimenti e le proposte dell’opposizione, il governo ha negato la crisi e non ha fatto nulla…dal 20 agosto, una volta esaminato il testo del Consiglio dei ministri, ci rivolgeremo a forze sociali ed opposizioni per aprire un confronto volto a perfezionare la nostra proposta alternativa…” e conclude promettendo di coinvolgere l’opinione pubblica per richiedere la rivisitazione di “una manovra depressiva, poco credibile e ingiusta”.