Tutti contro la BCE, ma errori sono dei governi

In questi giorni di crisi drammatica dei mercati, con gli indici azionari che sprofondano, per poi magari chiudere la seduta in negativo e con i titoli di stato di Italia e Spagna colpiti e affondati da un clima di sfiducia che non si vedeva da auasi 20 anni, per il nostro Paese, il gioco del tiro a bersaglio contro la BCE e i suoi presunti errori di valutazione è diventato uno dei più popolari.

Se da un lato un attento quotidiano finanziario come “Il Sole 24 Ore” parla di mancanza di coraggio, riferendosi al fatto che la Fed abbia tenuto i tassi a livello zero, mentre la BCE è impegnata a lottare contro l’inflazione, un altro quotidiano “Libero” si lancia in un’analisi, che denota una forte contrarietà a quella che definisce una certa ottusità di Francoforte, oltre ad alcuni errori di gestione della crisi greca.

Queste analisi partono dall’assunto che sia compito delle banche centrali stimolare la crescita, ricorrendo a bassi tassi di interesse, quindi, a liquidità abbondante e inflazione. Dimenticano gli stessi analisti che è stata questa politica (della Fed), che ha trascinato il mondo intero nel baratro, avendo incentivato i sovra-consumi e l’indebitamento, oltre che a creare distorsioni evidenti nella bilancia commerciale americana, in passivo di oltre il 5% del pil.

La crescita, anche in questo clima di pessimismo generale, non può essere fabbricata a colpi di moneta in circolazione, ma essere il frutto di un aumento “spontaneo” della produzione di beni e servizi, il quale a sua volta è determinato dal buon funzionamento dei fattori produttivi sui mercati, al riparo dalle distorsioni e dalle imbrigliature di tasse, rigidità e ostacoli alla libera concorrenza.

Ancora una volta, l’Italia si dimostrerebbe essa sì ottusa, se pensasse che il problema della non crescita da noi fosse determinato dagli errori presunti a Francoforte. 

Gestione cookie