Marchionne l’ingrato parla contro l’Italia

Pochi giorni fa, l’amministratore delegato Fiat, nel presentare il suo staff che lo coaudiuverà nella gestione di Fiat-Chrysler, è entrato a gamba tesa nella politica italiana, parlando dei problemi che l’Italia sta affrontando sui mercati, essendo oggetto di attacchi ai suoi titoli di stato. Marchionne, con il suo tipico aplombe nord-americano, ha detto che a suo avviso in Italia ci sono politici che se fossero stati all’estero si sarebbero dovuti dimettere per le vicende che li hanno riguardato. Parole che hanno confermato la disistima che l’ad Fiat ha verso l’Italia, non solo verso la politica italiana (è lecito disistimare quest’ultima!). Poi, in serata, dopo che le agenzie battevano le parole di Marchionne, inquadrandole in un attacco più o meno esplicito al governo, lo stesso ad ha precisato di non avere in alcun modo fatto riferimento a personalità di questo governo, ma che si sarebbe espresso in modo piuttosto generale.

Sarà, ma le ultime battute dell’uomo del Sergione “non” nazionale avevano già fatto il giro delle redazioni e della stessa politica. Ma, stranamente, non è stato il governo a reagire alle accuse di Marchionne, quanto un esponente delle opposizioni, il leader dell’UDC, Pierferdinando Casini.

Casini, commentando le parole del manager Fiat, ha detto che ancora aspetta gli investimenti che questi aveva promesso a sindacati e Italia, riguardo al piano Fabbrica Italia. In effetti non sono le critiche, pur legittime, che Marchionne fa alla politica italiana a destare più di un’irritazione, quanto il fatto che a pronunciarle sia un personaggio che alla politica italiana in questi anni deve più di qualcosa, in particolare a questo governo. L’esecutivo lo ha sostenuto sin da subito, con gli ennesimi incentivi al settore auto per superare la crisi del 2008-’09. E sempre per far fronte alla crisi, il governo ha aiutato Fiat con la cassa integrazione in favore dei suoi lavoratori. Segue poi il sostegno di governo e maggioranza al piano Marchionne per i contratti di Pomigliano e Mirafiori e per Grugliasco, nonchè l’ok esplicito alla sua idea di un nuovo modello contrattuale, anche in rottura con Confindustria.

Insomma, da questo governo certamente Marchionne non ci ha perso nulla e bene ha fatto l’esecutivo a sostenerlo, perchè al di là delle sue intemperanze verbali e della sua assenza di simpatia, le idee del manager sono state una giusta intuizione. Ma stupisce l’ingratitudine continua che egli dimostra verso le istituzioni italiane, non solo in riferimento al sostegno personale ricevuto, ma anche perchè, fino a prova contraria, è rappresentante di un’impresa che l’Italia ha sostenuto anche immeritatamente, sin dai tempi del Fascismo.

Non stupisce, invece, che a reagire alle sue parole sia stato Casini, che insieme a Fini rappresenta l’ala politica del mondo di Montezemolo, acerrimo avversario di Marchionne in fatto di leadership manageriale.

 

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