Dopo un nuovo colpo all’economia Usa, cresce la paura di una nuova recessione che possa colpire anche l’Europa. Se la soluzione sarà una diminuzione della spesa pubblica ed un ulteriore aumento delle tasse, le probabilità che l’economia reale migliori sono poche. La situazione è difficile in tutta Europa, ma l’Italia resta ancora il paese che cresce meno di tutti: le previsioni di primavera della Commissione europea, che coincidono con quelle di Bankitalia, danno per il nostro Paese una ripresa del Pil pari all’1% nell’intero 2011, contro una media dell’1,6%. Inoltre il rapporto fra debito pubblico e Pil è del 118%, record negativo in Europa, e non sarà incline a migliorare così presto, visto che la finanziaria appena approvata avrà pieno effetto nel 2012-2013.
La crisi colpisce ora i debiti sovrani e i titoli di Stato: l’esempio della Grecia è lampante e, come ha scritto il Financial Times giorni fa, il caso greco«ha costretto i leader europei ad ammettere qualcosa che avevano a lungo negato: che il debito greco dovrà essere ristrutturato e che non tutti saranno sempre e completamente rimborsati».
Ora sono la Spagna e l’Italia i due Stati che soffrono di più la crisi, si chiede perciò all’Ue di prendere per tempo delle adeguate misure per arginare le perdite. Questa situazione sta incidendo fortemente sul mercato borsistico, non solo con l’aumento della speculazione, ma anche con la reale vendita di titoli a causa della situazione del mercato italiano, sempre più nera. Nemmeno un colosso come gli Stati Uniti sta reagendo come dovrebbe a questa nuova ondata di crisi. Il problema principale è la crescita: nel secondo trimestre il Pil Usa è salito solo dell’1,3%, meno di quanto ci si aspettasse. Inoltre la disoccupazione resta al 9,2% e i posti di lavoro creati nel mese di Giugno sono stati solo 18mila. Si aspettano ora i dati di Luglio, nella speranza che i nuovi occupati costituiscano una base che faccia ben sperare in una ripresa.
La speranza sta anche nell’intervento diretto del Presidente della Fed Ben Bernanke, che potrebbe lanciare il terzo «Quantitative Easing», un ulteriore allargamento del credito che permetta l’immissione di ulteriori capitali per dare una spinta all’economia.