La situazione in Siria diventa ogni giorno più allarmante. Ormai i colpi dell’artiglieria e le cannonate dell’esercito contro la popolazione civile sono quotidiane o, come raccontano alcuni testimoni, persino al ritmo di un colpo di mitra ogni dieci secondi. Ieri ad Hama, città verso il confine con l’Irak, sarebbero state uccise tre persone, che si aggiungono alla folta lista delle vittime civili, massacrate senza pietà dal regime sanguinario di Assad dal mese di marzo, quando sono iniziate le prime proteste per chiedere maggiore libertà e democrazia, oltre che migliori condizioni di vita. Il regime di Assad rispose alle richieste di una primavera siriana con parole inizialmente distensive, salvo essere poi seguite dalla prima strage, quella del Venerdì Santo (il venerdì prima della Pasqua per i cristiani) che provocò centinaia di vittime. E paradossalmente sono proprio le parole di apertura del regime ad essere le più pericolose, perchè confermano sempre di preludere alla repressione violenta del dissenso.
Soltanto tre giorni fa, il regime di Damasco aveva annunciato il varo di riforme che sarebbero andate nella direzione di una costituzione garante di un reale multi-partitismo e di maggiori libertà civili per la popolazione. Neanche a dirlo, poche ore dopo sono seguite le repressioni dell’esercito, agli esordi del mese del Ramadan.
La confinante Turchia tuona per voce del suo presidente della repubblica, Gul, contro Damasco e Assad, preoccupata dall’esodo di decine di migliaia di profughi verso i suoi confini. E l’Europa, intanto, sta a guardare senza prendere alcuna iniziativa concreta. Ieri il Ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha richiamato l’ambasciatore siriano a Roma, per comunicazioni. Un gesto che nel gergo diplomatico equivale a un’azione di protesta. Ma Frattini a parte, poco è stato fatto. Se il ministro degli esteri inglese Hague esclude un intervento militare, la UE si è limitata a estendere le (inutili) sanzioni ad altri 5 esponenti del regime, ma è il silenzio dell’Onu a sconcertare e creare imbarazzo.
Il Consiglio di Sicurezza non riesce a discutere alcuna risoluzione contro le repressioni di Assad, paralizzato da stati come Cina e India, Russia, Brasile e Sudafrica, che si sono detti contrari. E le cose non sembrano essere destinate a migliorare, dato che la Germania ha appena dovuto lasciare all’India la presidenza di turno.