Le trattative non si sono interrotte, per il solo fatto che Obama le impone quotidianamente, ma a leggere le proposte e i commenti relativi delle due parti (Repubblicani e Democratici), c’è una chiara sensazione che siamo molto lontani dall’obiettivo e che, anzi, dopo che si erano fatti alcuni passi avanti, pare essere tornati indietro.
Lo dimostrano le reazioni del disastroso Segretario al Tesoro USA, Timothy Geithner, il quale si è detto contrario all’ipotesi avanzata da John Boehner, speaker della Camera e del Partito Repubblicano, per la quale si concederebbe un innalzamento graduale del tetto del debito, nei limiti dei tagli alle spese, per poi intervenire successivamente, con ulteriori innalzamenti e tagli alla spesa federale.
Secondo Geithner, questa ipotesi esporrebbe gli USA alla tempesta dei mercati, i quali vivrebbero sotto la minaccia continua di un default. L’amministrazione Obama vorrebbe, invece, che l’accordo fosse utile a coprire il fabbisogno di spesa per i prossimi 18 mesi, ossia fino alla fine del mandato presidenziale.
Posizioni che sembrano irrigidirsi, anzichè convergere, anche perchè Obama vorrebbe tanto quell’aumento delle tasse sui redditi medio-alti, che i Repubblicani giudicano inaccettabili.
La volontà di Obama sarebbe di tutto e subito, ma avvicinandoci alla data del 2 agosto, più che di una strategia mediatica, quella del presidente sembra una testardaggine ideologica e irresponsabile.
Non siamo ancora a livelli di allarme, che se ne dica sui mercati. I credit default swaps, che indicano il grado di rischio bancarotta di uno stato, assicurando i titoli dal rischio relativo, hanno chiuso venerdì a circa 45 punti base, il doppio del livello richiesto per garantire un titolo tedesco, ma certamente non siamo ancora all’incubo.