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Bersani nei guai: ex DS coinvolti nel mal-affare Milano-Serravalle

Published by
Giuseppe Timpone

Si arricchisce di un capitolo davvero sconvolgente la vicenda giudiziaria sul presunto grosso giro di tangenti ai danni di imprenditori edili che sarebbero andate nelle mani degli amministratori del centro-sinistra di Sesto San Giovanni e della provincia di Milano, sotto la guida di Filippo Penati, uomo forte del PD, ora indagato per reati gravi come la concussione e il finanziamento illecito ai partiti. A conferma che l’attuale Partito Democratico sia coinvolto in modo piuttosto pesante in vari episodi di presunta corruzione, con un giro imponente di finanziamenti agli ex DS, lo dimostra l’affaire Milano-Serravalle, l’autostrada, la cui società di gestione era nelle mani della Provincia di Milano, del Comune di Milano e del gruppo Gavio, nel 2005, quando avvenne un’operazione che definire sospetta è un eufemismo.

A quei tempi, presidente della provincia era Filippo Penati (PD) e sindaco di Milano Gabriele Albertini (PDL). Penati comprò a suon di denaro le quote del gruppo Gavio per raggiungere, si diceva, la maggioranza azionaria.

Peccato che la maggioranza fosse già nelle mani di Provincia e Comune di Milano, per cui quell’operazione non sembrò avere senso, tanto che Albertini allora fece quattro denunce contro Penati, ottenendo alla fine un risarcimento simbolico di 400 mila euro per il Comune. Le carte arrivarono anche ai giudici di Milano, Borrelli e D’Ambrosio, che pur non aprendo alcuna inchiesta, confermarono a parole all’allora sindaco che l’operazione destava molti sospetti di illeciti. In sostanza, il gruppo Gavio aveva comprato le azioni della società a soli 2,9 euro ciascuna, ma le rivendette alla provincia per 8,973 euro, realizzando un utile netto di 179 milioni di euro. Soldi, guarda caso, che servirono al gruppo Gavio per scalare Unipol, con 50 milioni. Albertini, che era anche europarlamentare, fece visionare le carte anche al leader dell’Idv, Antonio Di Pietro, il quale, dopo averle attentamente esaminate, gli spiegò che per molto meno aveva messo in carcere delle persone durante Mani Pulite e che, tuttavia, l’operazione era molto ben congegnata, a tal punto da rendere molto difficile la prova del reato. Di Pietro definì il caso un esempio di “ingegnerizzazione della corruzione“.

L’operazione di acquisto delle quote dal gruppo Gavio fu benedetta ai tempi dai vertici degli allora DS, oggi PD di Bersani, i quali ora si tirano indietro, addebitando tutto agli amministratori locali. Il moralizzatore della politica italiana, tale Pierluigi Bersani, che dei DS allora era un esimio dirigente, dovrebbe adesso dare spiegazioni su un presunto e colossale giro di tangenti e mazzette a politici e amministratori pubblici.

 

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Giuseppe Timpone