La Grecia è stata appena salvata, ma l’aiuto esterno sarà solo complementare rispetto al piano di austerità che il governo socialista di George Papandreou ha da poche settimane fatto votare al Parlamento. Un piano di 28 miliardi di euro, tra tagli alla spesa e dolorosissimi aumenti delle tasse su stipendi e pensioni. Ma c’è di più. Una boccata di ossigeno, per le casse dello stato di Atene dovrebbe arrivare dalle tanto richieste privatizzazioni.
Il piano di privatizzazioni era stato promesso da Papandreou lo scorso anno, in occasione dell’ottenimento della prima tranche di aiuti da Bruxelles. Ma le forti opposizioni del sindacato Adedy non hanno permesso, congiuntamente alle resistenze interne ai socialisti del Pasok, il varo effettivo del piano, che è rimasto lettera morta.
L’Europa stima che la Grecia abbia un patrimonio pubblico di almeno 300 miliardi di euro, cioè, circa l’80% dell’ammontare del suo debito, che si aggira sui 360 miliardi a fine anno. Un dato che rappresenta una speranza e una garanzia per gli investitori stranieri, in quanto rassicurerebbe sulla solvibilità del debito greco, in casi disperati. A patto, ovviamente, che tale patrimonio sia alienato ai privati.
Prima di partire per Bruxelles, per il vertice in cui si è poi discusso del salvataggio di Atene, il nuovo ministro delle finanze Evangelios Venizelos ha annunciato che entro la fine dell’anno la Grecia dovrà ricavare 5 miliardi dalle privatizzazioni, la cui partenza avverrà a settembre. Cifra, che entro il 2014 dovrebbe salire ad almeno 30 miliardi.
Per quanto possano sembrare modesti tali numeri, rapportati al pil greco, ciò rappresenta oltre il 2% del pil entro l’anno, e oltre il 10% entro il 2014. Quanto basta per frenare l’aumento del rapporto tra debito e pil, nel lasso di tempo occorrente a realizzare il piano di austerity. Di certo, però, la credibilità del governo di Atene non permette facili entusiasmi.