Il Partito Democratico è nell’occhio del ciclone per quello che sta uscendo fuori dopo le perquisizioni agli uffici della Regione Lombardia di Filippo Penati (vice-presidente del Consiglio Regionale) e le indagini avviate su di lui e altre quattordici persone, in merito a un presunto giro di tangenti per la riqualificazione dell’area industriale Falck, nell’alto milanese, nonchè per altre ipotesi di reato, tra cui il finanziamento illecito al partito (PD). La situazione per Penati, uomo forte del PD in Lombardia, si starebbe aggravando rovinosamente dopo la denuncia di Giuseppe Pasini, ex candidato a sindaco di Sesto San Giovanni per il centrodestra, secondo cui egli sarebbe stato spremuto per un ammontare di 5 miliardi di lire, tra il 2001 e il 2002, al fine di potere ottenere il via libera ai suoi piani urbanistici per l’area ex Falck.
Secondo Pasini, i soldi sarebbero arrivati a Penati indirettamente, tramite due uomini di fiducia e due conti separati, uno in Lussemburgo e l’altro in Svizzera. Gli intermediari della mazzetta sarebbero Piero Di Caterina e Giordano Vimercati. Addirittura Pasini racconta che inizialmente furono venti i miliardi richiestigli per potere costruire. Sebbene gli atti siano secretati, tuttavia trapelerebbero indiscrezioni per cui Di Caterina avrebbe ammesso le vicende, addirittura sentendosi liberato dal peso e sostenendo che le mazzette fossero un giro di vessazioni che l’amministrazione di Penati imponeva agli imprenditori in cambio di un placet per i progetti urbanistici.
Un presunto giro losco, secondo Di Caterina, per ragioni politiche e imprenditoriale e chi si sottraeva a tale spremitura era sottoposto a un’odissea burocratica e amministrativa. E un documento proverebbe il pagamento da Pasini a Di Caterina su un conto in Lussemburgo, in parte poi versato da quest’ultimo a Vimercati, nominato poi capo di gabinetto di Penati quando questi vinse le elezioni per presidente alla provincia di Milano, sostenuto dal PD e il resto del centrosinistra.
Ma non ci sarebbe stato solo un giro di tangenti attorno al PD. Pare che per un’altra operazione immobilare, compiuta prima del 2000, Pasini abbia anche dovuto assumere come consulenti due uomini vicini all’amministrazione, appartenenti alle cooperative rosse. Si tratterebbe di Francesco Agnello e Giampaolo Salami, che avrebbero anche fatto da tramite per tangenti per 2 miliardi e 400 milioni di lire. Fu fatto capire a Pasini che non avrebbe ottenuto la concessione edilizia, o l’avrebbe ottenuta con grande difficoltà, se non li avesse ingaggiati come consulenti.