USA, il disastro dei conti di Obama

Barack Obama è presidente degli USA da due anni e mezzo esatti. Trenta mesi. Quando arrivò alla Casa Bianca nel gennaio 2009, sulla base della travolgente vittoria del novembre 2008, nessuno immaginava che sarebbero stati possibili miracoli, con un’economia in recessione e un sistema bancario allo sfascio. Ma in soli trenta mesi, il primo presidente afro-americano della storia è riuscito a consolidare un certo malessere comune, tra gli americani, con risultati poco invidiabili, specie sul fronte dell’indebitamento.

Quando prese le redini dell’amministrazione, il deficit federale allora era non superiore al 5% del pil. Le politiche di spesa e aiuti a pioggia della Casa Bianca hanno fatto schizzare tale rapporto all’11%, con un disavanzo che oggi viaggia oltre i 1500 miliardi di dollari.

E non poteva andare meglio con il debito. Basti pensare che soltanto cinque anni fa, il rapporto tra debito e pil era poco sopra il 60%. Già sotto gli ultimi anni della presidenza di George W.Bush, il trend era in crescita, ma è con Obama che si raggiunge il capolavoro di uno stock di debito, che passa dal 75% circa al 100% del pil. Entro i prossimi cinque anni, il rapporto è previsto al 112%, ossia a livelli molto simili a quelli italiani di oggi.

Dunque, l’idea di tagliare il deficit non è un capriccio della destra repubblicana, quanto un’urgenza, che non può passare, come Obama pretenderebbe, da un aumento delle tasse. E’ stato l’aumento incontrollato della spesa pubblica a determinare tale disavanzo record e solo un taglio a tali spese può riportare Washington a conti ordinati. Ma forse non sotto Obama.

 

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