La Procura di Monza ha iscritto Filippo Penati (Pd) nel registro degli indagati con l’accusa di corruzione e concussione: la notizia è stata data dal corriere.it e ha trovato poi conferme da fonti della Guardia di Finanza. Il vicepresidente del consiglio regionale della Lombardia, ex presidente della Provincia di Milano ed ex sindaco di Sesto San Giovanni, è coinvolto in un’inchiesta portata avanti dalle fiamme gialle su presunti illeciti nella gestione dell’area Falk di Sesto San Giovanni e su presunti finanziamenti illeciti ai partiti.
Le indagini partono con l’arrivo alla Procura di Monza di parte della documentazione raccolta dai magistrati di Milano sulla mancata bonifica dell’area di Santa Giulia e su presunte irregolarità commesse dalla società Risanamento. Al momento, oltre al consigliere del Partito Democratico, ci sarebbero in totale quindici indagati: secondo l’accusa ci sarebbe stato un giro di tangenti di quattro miliardi di lire tra il 2001 e il 2002. Gli inquirenti ipotizzano che queste somme di denaro siano state versate, o promesse, per favorire il rilascio di determinate concessioni e per indirizzare verso determinati criteri il piano di governo del territorio. Al momento sono in corso, come conferma una nota della Guardia di Finanza, una decina di perquisizioni presso abitazioni private, sedi di società ed alcuni uffici del Comune di Sesto San Giovanni.
La notizia ha subito innescato la polemica politica e, se da Penati non è ancora arrivato nessun commento, il segretario del Pd si dice convinto che la magistratura “farà il suo mestiere e verificherà che sono cose senza fondamento”; nello schieramento opposto, Pdl e Lega approfittano della situazione per andare all’attacco. Il primo commento è di Daniele Capezzone, portavoce del partito del Premier Berlusconi che parla di “presunzione di innocenza” che “deve valere per tutti, amici o avversari che siano” e invita la sinistra, che è sempre stata “garantista con gli amici e giustizialista con gli avversari”, a non avere “atteggiamenti differenziati a seconda del fatto che un’indagine riguardi un esponente del proprio schieramento o di quello avversario”. Tira in ballo la questione morale invece il segretario provinciale e deputato leghista Marco Rondini, secondo cui dopo la vicenda Penati “il Partito Democratico non potrà più parlare di questione morale”.