La storia del Giappone afferma che i primi semi di tè fossero stati portati dal monaco buddista Dengyo Daishi e piantati nell’805 o anche dall’abate di Toga-no-o a Yamashiro e che le piante fossero poi state trapiantate a Uji, dove la terra è fertile tanto da considerare ancora oggi il tè proveniente da questa zona il migliore. Nello stesso periodo nacquero altre cinque piantagioni a Asahi, Kambayashi, Kyogoku, Yamana e Umoji presenti anche ora.
“Le morbide onde dei cespugli del tè muovono il paesaggio”.
I giardini del tè giapponesi sono molto particolari: i cespugli vengono piantati uno accanto all’altro formando lunghe corsie creando l’impressione di morbide onde verdi. Sulla cima formano una grande curva ed è qui che i raccoglitori prendono le foglie e i germogli.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, la coltivazione del tè si estese alle attuali zone di produzione: le prefetture di Shizuoka, Kagoshima, Mie, Nara, Kyoto (intorno a Uji), Saga, Fukuoka, Saitama, Nishio nella prefettura di Aichi.
Circa 60.000 aziende agricole a conduzione familiare producono 110.231 tonnellate di tè in 60.000 ettari di terra: si raccoglie a fine aprile- maggio e le foglie vengono colte con le mani o con le cesoglie e portate nelle fabbriche vicine per essere lavorate in modi diversi a seconda dei tè. La maggior parte dei tè giapponesi sono verdi.
Questa grossolana mappatura può aiutare a capire l’attuale situazione in Giappone circa la possibile contaminazione delle foglie di tè dopo l’accaduto di Fukushima. La maggior parte dei tè giapponesi presenti attualmente in Italia riguardano la raccolta del 2010 e quindi non rientrano in tale preoccupazione. Per i nuovi tè è utile pensare alla loro provenienza, in quanto molte piantagioni sono lontane dalla zona a rischio di contaminazione: in ogni caso, molti venditori restano in attesa.