“Cancellate quella norma” è l’invito di numerose associazioni e sindacati rispetto ad un provvedimento inserito nella nuova manovra economica che introduce un aggravio a carico dei lavoratori che intraprendono vertenze di lavoro e previdenziali. Come spiega il Segretario confederale della Cgil, Fulvio Fammoni, i ricorrenti in cause riguardanti ad esempio licenziamenti illegittimi, mobbing, conversioni contrattuali etc devono ora pagare una quota complessiva media di 233 euro, nei casi in cui sia possibile quantificare l’entità della richiesta, in altri casi si potrebbe arrivare anche a 733 euro, a seconda del valore della vertenza. “Ci associamo all’opinione contraria degli operatori ed esperti del diritto del lavoro, compresa l’AGI, l’associazione bipartisan degli avvocati giuslavoristi, visto che è dal 1958 che le cause di lavoro e previdenziali non contengono balzelli ai danni del il lavoratore” continua il dirigente sindacale.
Insomma sembrerebbe che ancora una volta ci si trovi di fronte ad un tentativo strisciante di “scoraggiare” i più deboli dal richiedere i loro diritti nella sede giudiziaria, l’unica che negli ultimi anni è riuscita a dare qualche soddisfazione ad una categoria sempre più schiacciata e vessata, nell’indifferenza e la “giustificazione” dei più, in primis di una politica spesso assente, o attenta solo alle ragioni datoriali. “Con che coraggio – si chiede ancora Fammoni – si vuole questo denaro da persone rimaste in molti casi senza reddito? Questa norma colpisce in modo più evidente i precari che richiedono il riconoscimento del lavoro subordinato“.
Anche la Cisl, diffondendo una nota di Giorgio Santini, segretario generale aggiunto, chiede una revisione per quella che definisce una norma “poco trasparente”. Il sindacato suggerisce di indicarne una interpretazione minimalista, in modo che per tutte le vertenze si possa calcolare soltanto la quota minima indicata dalla legge, e cioè 37 euro. ”Riteniamo che la norma debba essere immediatamente riscritta ristabilendo, un principio fondamentale: la gratuita’ delle cause previdenziali e di lavoro o almeno chiarendo che non viene applicata la progressivita’ dei costi in rapporto all’entita’ della causa stessa”.
Sulla totale eliminazione insiste invece Giovanni Centrella, segretario generale dell’Ugl, che sostiene di “comprendere” l’urgenza dell’approvazione della manovra correttiva, ma ritiene che lavoratori e pensionati abbiano già la loro ampia fetta di “sacrifici” senza bisogno di inventarsi “una misura palesemente vessatoria” che di fatto rappresenta “l’introduzione di una tassa sulla giustizia’‘. ”Il Parlamento consideri che per la seconda volta nel pubblico impiego vengono congelati fino al 2014 stipendi, salario accessorio e turn over e per la seconda volta e’ stata introdotta senza un preventivo confronto con le parti sociali una vera e propria riforma previdenziale con innalzamento dell’eta’ pensionabile” conclude Centrella.