Oggi la manovra finanziaria sarà approvata al Senato, passando immediatamente all’esame della Camera, che la esiterà entro domani. Questo è il calendario a tappe forzate voluto dal Governo e dal Quirinale, appoggiato anche dalle opposizioni, per evitare che la speculazione continuasse a infuriare sui cieli italiani. E, nonostante il clima incerto sui mercati europei, la prova di rigore che l’Italia ha offerto sembra avere dato i suoi primi frutti. Come si è già detto nei giorni scorsi, con i mercati traballanti e uno spread sui 300 punti base, il ministro dell’economia si era assicurato l’inviolabilità della sua posizione. Difficile infatti toccare colui che, a torto o a ragione, i mercati continuano a guardare come il protettore dei conti pubblici nazionali. Tutto vero, ma incompleto. Perchè, nei giorni scorsi, pare che il premier Berlusconi abbia sondato gli umori al vertice europeo a Bruxelles per verificare quali possano essere le reazioni nel caso in cui si defenestrasse Tremonti. Lo stesso premier avrebbe indicato come possibile sostituto un nome di prestigio internazionale, tale da non fare rimpiangere a nessuno il vecchio ministro.
E sono due i nomi che circolano con insistenza: Mario Monti e Lorenzo Bini Smaghi. Il primo avrebbe la stima dei mercati e dell’Europa, essendo stato nominato proprio da Berlusconi nel 1994 commissario a Bruxelles, nomina poi confermata con D’Alema premier.
Bini Smaghi sarebbe anche la soluzione al problema della doppia presenza italiana nel board della BCE, con la Francia che reclama un posto, dopo l’addio di Trichet. Tuttavia, è il primo ad essere più gettonato come possibile e imminente successore di Tremonti, mentre il banchiere centrale potrebbe andare alla Banca d’Italia o alla guida di una qualche authority.
Non stupisce quindi l‘articolo di oggi sul “Corriere della Sera”, a firma di Mario Monti, che critica l’attuale responsabile di via XX Settembre, al quale Monti riconosce il merito di avere tenuto i conti in ordine e di non avere ceduto alle sirene spendaccione di illustri colleghi di governo; ma lo stesso economista rimprovera, tra le righe, a Tremonti di non avere fatto nulla sul capitolo crescita, che avrebbe potuto essere rilanciata con azioni a costo zero sul bilancio pubblico, come le liberalizzazioni e l’abbattimento della burocrazia.
La soluzione di Mario Monti sarebbe, quindi, più mercato, più concorrenza, in antitesi alla linea tremontiana. E piacerebbe a Silvio. Non a caso, forse, lunedì potrebbero arrivare le dimissioni di Tremonti e porre fine alla sua lunga e immeritata stagione al dicastero dell’economia.