L’attacco contro l’Italia di questi ultimi giorni non può che essere considerato come il tentativo di certi investitori di attaccare tutta l’Unione Monetaria. E’ chiaro che un Paese dalle dimensioni come l’Italia, con 60 milioni di abitanti, un pil da 1.600 miliardi di euro e un debito che va verso i 1.900 miliardi non potrebbe essere salvato nel caso in cui ci trovasse nella stessa situazione di altri stati come la Grecia, l’Irlanda e il Portogallo. E lo stesso discorso vale per la Spagna. Ora, mettiamo subito in chiaro che l’Italia, speculazione o meno, non è uno stato in pericolo, perchè i suoi fondamentali sono molto buoni, vantando un patrimonio pubblico e privato complessivamente circa 5 volte più alto del pil e oltre quattro volte il livello del debito pubblico. Lo ammette la stessa Moody’s che la situazione italiana non è paragonabile a quella dei Paesi in difficoltà (Portogallo, Irlanda, Grecia). Ma il motivo per cui gli speculatori potrebbero avere gioco facile contro l’Eurozona sta nella sua debolezza strutturale, ossia nella mancanza di previsioni serie, nel caso in cui non vengano rispettati i parametri fiscali imposti dal Patto di Stabilità. Iniziamo col dire che è stato un errore fare entrare nell’Eurozona stati come la Grecia e il Portogallo, notoriamente lassisti e poco adatti alla convivenza con economie più ordinate del Nord Europa. Il caso irlandese, semmai, è diverso, perchè i suoi guai originano più dal crollo del sistema immobiliare.
Ma l’Eurozona rischia di non essere credibile se risponde al fallimento di uno stato semplicemente salvandolo. E’ un pessimo segnale che va nella direzione di una crescente irresponsabilità, non certo di maggiori dosi di serietà e parsimonia nei bilanci pubblici.
Oltre tutto, sono in pochi a credere che gli aiuti europei possano essere restituiti agli stati finanziatori, con il risultato che avremo buttato dalla finestra, solo noi italiani, circa 15 miliardi di euro, alimentando il bilancio di uno stato sprecone, in preda alla corruzione e al lassismo finanziario.
I mercati, poi, è bene che siano responsabilizzati dinnanzi alle loro scelte, per cui chi investe in titoli a rischio deve assumersi l’onere di un conseguente e probabile default, altrimenti converrebbe lucrare sempre dagli alti rendimenti dei bond delle economie dissestate, senza alcuno svantaggio.
Se i mercati si scottassero, con un’Europa che non cede al salvataggio, allora veramente sarebbero più oculati d’ora in avanti e gli stati sarebbero indotti a una maggiore efficienza nella spesa. Solo così si salva l’euro.