Entro domani, il Senato dovrà dare il suo ok alla manovra finanziaria da 47 miliardi, varata dal governo. I tempi record di approvazione si sono resi necessari, per l’infuriare della speculazione, che solo da ieri in tarda mattinata ha allentato la morsa, si spera definitivamente. Era uno dei segnali forti chiesti all’Italia, ossia la volontà di procedere a tappe forzate al varo definitivo del piano anti-deficit.
Ma ci potrebbe essere una novità non ancora prevista e collegata alla manovra da approvare. Si parla di una riforma alle regole previste per la privatizzazione di quote di grandi società a capitale pubblico, come Eni, Enel, Finmeccanica e consentirebbe finalmente di mettere sul mercato società come Poste Italiane e Ferrovie dello Stato.
Una svolta clamorosa per il ministro Tremonti, che ha sempre frenato il processo di privatizzazioni e liberalizzazioni in Italia, esprimendo il suo apprezzamento per il mantenimento nelle mani dello stato di grandi fette del patrimonio aziendale italiano. Ma lo stesso Fondo Monetario ieri chiedeva all’Italia uno sforzo in questa direzione e, forse, (ma è ancora presto per dirlo) finalmente il governo starebbe valutando seriamente di dismettere queste quote, che consentirebbe al nostro Paese di avere un rapporto tra politica ed economia meno distorto e inquinato, nonchè ricavi immediati, a beneficio della riduzione del deficit.
Una seconda parte prevederebbe, invece, incentivi ai comuni, che procederebbero alla vendita di quote delle loro aziende municipalizzate. Anche in questo caso, la vendita ai privati non avrebbe solo l’effetto immediato di una maggiore efficienza, ma servirebbe anche a spezzare, soprattutto al sud, il legame a volte persino non legale tra i vertici politici e gli amministratori aziendali, nonchè assesterebbe un colpo alle diffuse clientele locali.