E’ di sabato la notizia ufficiale che Adolfo Urso, Andrea Ronchi e Pippo Scalia hanno abbandonato Futuro e Libertà rientrando nel centro-destra, seppure da una posizione autonoma, annunciando la fondazione di una costituente popolare, raccogliendo l’invito di Angelino Alfano per la costituzione di un un’unica realtà politica in cui possano confluire le varie anime che a Strasburgo fanno riferimento al Partito Popolare Europeo. Una proposta che ha avuto il merito di mettere i centristi dinnanzi a una decisione sul da farsi, con la prospettiva che non sia Berlusconi il candidato premier per il 2013 ma che egli si limiti a fare da padre nobile del centro-destra. Era questo che gli uomini di Casini volevano sentire per potere fare qualche passo in avanti nella direzione di un riavvicinamento con il PDL. Una prospettiva, quella di un’alleanza popolare in Italia, che ha messo nell’angolo per l’ennesima volta il Presidente della Camera Gianfranco Fini, che vive sempre più isolato all’interno dello stesso Terzo Polo, ignorato da Casini e scaricato dalla sinistra, che guarda a recuperare il consenso a sinistra con Nichi Vendola. E il risultato elettorale imbarazzante di Fli, persino in quelle che avrebbero dovuto essere le nuove roccheforti finiane, come la Campania, hanno indotto molti suoi fan a guardare pragmaticamente a una prospettiva più realistica, abbandonando la deriva anti-berlusconiana e di sinistra che Fli ha ormai abbracciato, affindandosi alla gestione di Bocchino e Granata; quest’ultimo si dice persino pronto a una santa alleanza con Vendola.
Non era questo il progetto originario per cui Fli era nato, per molti dei suoi iniziali seguaci. Doveva essere la terza gamba del governo e della maggioranza e influenzare il cammino dell’esecutivo fino alla fine della legislatura. E’ finito per essere una costoletta insignificante dell’armata anti-berlusconiana, poco credibile e dalla nullità ideologica o ideale. Con la perdita dell’ala moderata del partito, non solo Fli si priva di tre esponenti di spicco della sua iniziale formazione, ma aumenta il peso specifico delle componenti più radicali e dal consenso inesistente. Come il caso di Fabio Granata, già assessore di Cuffaro (a proposito della politica legalitaria) dal 2001 al 2006, che non riuscì nemmeno (caso più unico che raro, in Sicilia) a farsi rieleggere nel suo collegio di Siracusa, malgrado allora vantasse il bottino nutrito dei voti di Alleanza Nazionale. E del flop elettorale nella Campania di Bocchino si è già accennato.
Insomma, le probabilità che al prossimo giro Fini sia il secondo Bertinotti, anch’egli fuori dal Parlamento, dopo avere seduto sugli scranni più alti della Camera, sono altissime.