L’Italia è storicamente un Paese che riesce a dare il meglio di sè nelle situazioni di maggiore difficoltà, salvo galleggiare e diventare mediocre nelle fasi ordinarie. La metafora del sistema-Paese è la Nazionale di calcio del 2006, partita tra i fischi dei tifosi per lo scandalo calciopoli e tornata un mese più tardi con la coppa del mondo. Oggi l’economia si trova in una situazione analoga e ci pone davanti agli occhi l’esigenza di una sterzata drastica per rimediare all’accumulo di errori drammatici che giungono dal passato, anche recente. L’Italia da quasi venti anni non cresce e le chiacchiere politiche hanno ormai sfinito non soltanto la popolazione stessa, bensì anche coloro che dall’estero hanno a che fare con il nostro sistema. Dal crollo della Prima Repubblica a oggi, il sistema va avanti un pò esattamente come prima, senza sostanziali differenze in termini di diseconomie e di inefficienze, così come nulla sembra essere cambiato, se non in peggio, sul fronte fiscale e della burocrazia. E parliamoci pure chiaramente: senza la pressione dei mercati, l’Italia continuerebbe immutabile nel suo lassismo, perchè la casta politica che a tutti i livelli è presente in Italia rappresenta più lo status-quo che le istanze di ammordanamento del Paese. Quello che sta accadendo in questi giorni, però, con la speculazione all’arrembaggio contro i nostri titoli ci pone in evidenza come determinate misure non possano essere rinviate. A cominciare dal taglio dei costi della politica.
Spieghiamo subito, onde evitare demagogia, che se anche eliminassimo del 100% i costi della politica, non ci faremmo una manovra finanziaria e i conti pubblici rimarrebbero agli stessi livelli. Tuttavia non è più credibile uno stato che impone (giustamente) a tutti sacrifici e austerità ma che non si mette mai in discussione per gli sperperi evidenti che riguardano la classe politica e istituzionale.
Il voto di una decina di giorni fa, che ha impedito l’abrogazione delle province, che tutti gli italiani comprendono essere inutili, grida ancora giustizia. Non possono soddisfare le promesse della casta di maggioranza e di opposizione di una qualche legge futura, perchè di chiacchiere inutili il Paese è pieno da venti anni almeno.
Ora non è più tempo di limature e di sforbiciate. Il Parlamento deve tagliare in modo netto e forte il budget per il mantenimento degli apparati istituzionali e deve eliminare senza indugio province, comunità montane e ogni altra istituzione che rappresenti solo un dispendio inutile di denaro pubblico. Questa volta è bene che si guardino a nomi e cognomi di chi vota cosa.