La Banca Popolare della Cina ha reso noto l’esito dell’incontro trimestrale del comitato sulla politica monetaria. Secondo il comunicato, si sarebbe deciso di proseguire con una politica prudente, alla luce sia del rischio inflazione che incombe nel Paese, sia degli obiettivi di crescita posti in essere dal governo di Pechino.
In sostanza, non si dovrebbero registrare scossoni dal lato dei tassi repo e depo, ossia sui prestiti effettuati e sui depositi presso l’istituto centrale. Ciò lo si legge tra le righe della dichiarazione per cui si utilizzeranno diversi strumenti per il controllo della liquidità.
La banca centrale ha poi confermato che sui mercati valutari, lo yuan sarà mantenuto stabile, rispetto alle altre valute. Niente rivalutazioni, dunque, in vista, a differenza di quanto fosse emerso questo inverno, quando si dava per imminente una rivalutazione dello yuan, al fine di contenere le pressioni inflazionistiche.
Nel frattempo, però, qualcosa è cambiato. Il saldo commerciale inizia ad essere sempre meno positivo, mese per mese, seppur nel complesso rimanga in attivo. Ciò ha dato adito a Pechino per dimostrare che non ci sarebbero questi enormi squilibri globali, di cui gli USA e, non ultimo, il governatore Mario Draghi avevano parlato (quest’ultimo, in qualità di presidente del Financial Stability Forum).
Il rallentamento della crescita è il timore più grande di Pechino, che teme ripercussioni sulla tenuta sociale. Il Paese vive da mesi con un tasso annuo di inflazione sopra il 5%, sebbene i quattro aumenti dei tassi da ottobre a oggi e l’aumento delle riserve obbligatorie per le banche sembrano avere rallentato la dinamica inflazionistica.