La direzione generale della Rai ha chiesto all’Internal Audit di avviare un’indagine sulla vicenda legata alla “struttura delta”, organizzazione occulta formata da giornalisti e dirigenti che decidevano la linea da dare ai programmi di informazione dell’azienda. La decisione arriva su richiesta del vicedirettore generale Gianfranco Comanducci, uno dei nomi coinvolti nelle intercettazioni effettuate nell’inchiesta sul crack Hdc, che in una lettera inviata al dirette generale Lei e al presidente Garimberti chiede di avviare le indagini per “accertare eventuali mie responsabilità di alcun genere, anche per quanto concerne asserite militanze in fantomatiche organizzazioni. Al fine – conclude Comanducci – di poter escludere qualsiasi forma di collusione o semplice connivenza con chicchessia, volta comunque a recare danno alla mia Azienda”.
Dalle intercettazioni effettuate sul crack Hdc del sondaggista Crespi, risalenti al 2005, emergerebbe un legame tra giornalisti e dirigenti dell’azienda pubblica che indirizzavano la linea politica dei programmi di informazione Rai e dei telegiornali in un modo tale da dare vantaggio al premier Silvio Berlusconi. Della presunta organizzazione facevano parte l’ex segretaria di Berlusconi, Deborah Bergamini, fino al 2008 direttore Marketing strategico della Rai e che era la capofila della struttura; Clemente Mimun, oggi direttore del TG5, ma in passato alla guida del Tg1; Francesco Pionati, notista politica del telegiornale della prima rete, oggi parlamentare nella fila dei Responsabili; Alessio Gorla, consigliere Rai; Gianfranco Comanducci, allora a capo del personale, e Fabrizio Del Noce, allora direttore di Rai Uno.
Dopo l’apertura dell’indagine interna va all’attacco l’Italia dei Valori con Leoluca Orlando che dichiara che la struttura Delta “sembra sempre più un’associazione a delinquere” ed annuncia la promozione di una class action “per risarcire la Rai da colore che hanno tradito il ruolo del servizio pubblica e hanno distrutto la libertà di informazione”.
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Orlando dichiara anche che i “dirigenti infedeli che hanno lavorato per Mediaset e per Berlusconi devono pagare in prima persona perché hanno ingannato i cittadini che, versando il canone, sono i veri proprietari dell’azienda”. Di parere opposto invece il portavoce del Pdl Capezzone che esprime solidarietà alla Bergamini e a Mimum e dichiara che come al solito “si fa un processo alle intenzioni dimenticando che al telefono tutti dovremmo e potremmo sentirci liberi, in un Paese normale, anche di usare un linguaggio più confidenziale”.