Alla fine, il Marocco si conferma una terra a parte, rispetto ai subbugli che hanno caratterizzato e continuano a interessare il mondo arabo. Re Mohammed VI ha ottenuto ieri un risultato pesantemente positivo al referendum che aveva indetto solo qualche settimana fa, a sostegno della sua volontà riformatrice, come aveva annunciato in uno storico discorso tv ai suoi sudditi. La battaglia non era tanto tra sì e no, perchè è evidente che un pò tutti vogliono le riforme in Marocco, ma tra l’andare a votare e l’astenersi, come proponeva l’opposizione del “Movimento 20 febbraio”. Motivo della contestazione, infatti, da parte del composito movimento, è stata l’azione riformatrice della Casa Reale, considerata troppo “tiepida”, ragion per cui invitava a non andare al voto. E, invece, i primi dati che iniziano ad affluire dimostrano che appena un quarto dei marocchini avrebbe seguito il consiglio a boicottare il voto, dato che almeno il 72% degli aventi diritto si è recato alle urne, e i sì al referendum si attesterebbero intorno al 96%. Un plebiscito su tutti i fronti, con il Re Mohammed VI, che ha visto raccogliere l’invito di andare a votare dai tre quarti della popolazione.
Si pensi solo che nel 2007, in occasione delle elezioni politiche, solo il 37% degli aventi diritto scelse di votare, segnalando un temibile e diffuso malcontento, che il sovrano ha forse compreso, accelerando sulla via delle riforme, peraltro, intraprese in tempi non sospetti, già da un decennio, con il varo di un nuovo diritto di famiglia, che ha assegnato maggiori diritti alle donne.
Con il sì alle riforme della Corona, si va verso un passaggio dei poteri dalla Casa Reale al premier e al Parlamento, con una monarchia che si costituzionalirebbe, nella direzione di un modello spagnolo o britannico. Il Re non sarebbe più un monarca quasi assoluto, come ancora oggi avviene, con poteri molto forti sulla vita politica e parlamentare; il premier avrebbe persino ora il diritto di sciogliere il Parlamento. Inoltre, il berbero assumerebbe una dignità di lingua ufficiale, accanto all’arabo, andando così incontro alle richieste delle minoranza, in rivolta contro le istituzioni centrali, da decenni.
Del “Movimento 20 febbraio” fanno parte laici, sinistra, molti giovani e anche islamisti, il che rende la formazione di protesta poco compatta e anche poco credibile.