Ieri, in Cina si è festeggiato il novantesimo anno della data di fondazione del Partito Comunista Cinese, il più longevo al mondo, oltre che con il maggior numero di iscritti: oltre 73 milioni. Novanta anni fa nasceva il partito che avrebbe cambiato, anzi, stravolto, la storia della Cina e influito su quella mondiale. Nato l’1 luglio del 1921, il potere fu assunto dal partito solo nel 1949, in seguito a una guerra sanguinosissima contro i nazionalisti cinesi che costò la vita a milioni di persone. Ma persero la vita molte decine di milioni di persone in più proprio sotto il comunismo, tra persecuzioni, fame, veri e propri lager, che Mao organizzò per consolidare il potere personale e della dottrina comunista. L’estremismo di Mao fu visto negativamente persino in Unione Sovietica, che con l’ideologia comunista non ci era poi andata troppo per il sottile, tanto che si ironizzava al Cremlino, affermando che Mao avrebbe messo in Cina “persone eguali, dinnanzi a piatti egualmente vuoti”. Ma la storia, negli ultimi anni, è mutata radicalmente, dagli anni Novanta in poi. Oggi il comunismo ancora esiste, ma l’economia è molto di mercato, con uno stato nelle mani dell’apparato del PCC che fa da guida alla rivoluzione economica che il Paese vive.
Ma è cresciuta la consapevolezza tra la gente che il comunismo non abbia poi portato questi brillanti successi di cui si celebra, se è vero che diverse decine di milioni di cinesi patiscono ancora la fame, con stipendi molto bassi, non in grado di assicurare loro un adeguato livello di vita, sia in città che nelle campagne.
Corrono i prezzi, anche per effetto del boom delle materie prime e degli alimentari e altrettanto fa il malcontento popolare, che assume più il volto di rivolte etniche o di proteste contro gli amministratori locali, una valvola di sfogo che Pechino consente, pur di non mettere in discussione la centralità del PCC, dell’ideologia comunista e dei suoi dirigenti.
Eppure, ieri, nella capitale era palpabile il clima dimesso nella Sala del Popolo, dove il segretario del partito e presidente della repubblica popolare ha messo in guardia dalla perdita di appeal del PCC a causa della corruzione dilagante e del malcontento popolare per l’economia.
Lo dimostra anche il flop delle celebrazioni grottesche e anche troppo nostalgiche di Mao, dove a partecipare sono stati soprattutto i privilegiati degli apparati di partito, in lotta gli uni con gli altri, a colpi di corruzione e di abusi. C’è chi teme che non si arrivi a festeggiare l’anniversario numero 100.