Incoronato governatore della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, attuale governatore di Bankitalia, è stato convocato un paio di giorni fa a Palazzo Chigi, dove ha avuto un colloquio cordiale con il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e il Ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. Oggetto dell’incontro sono state, anzitutto, le felicitazioni del governo per l’ottenimento di una così importante carica per l’Italia, ma si è parlato evidentemente anche di altro; e quest’altro si chiama “successione“.
Sì, perchè se Draghi lascerà il suo incarico solo a fine ottobre, insediandosi ufficialmente alla presidenza della BCE solo l’1 novembre, in realtà, il dopo-Draghi è già iniziato da giorni e la partita è tutt’altro che un semplice spostamento di pedine da una casella all’altra.
La prossima nomina spetta al premier, il quale con la sua decisione potrebbe lanciare più di un segnale, su quali siano le sue intenzioni, nonchè la sua forza personale, all’interno del governo.
Non è un mistero che il duello si concentrerebbe su due nomi: Fabrizio Saccomanni, direttore generale di Bankitalia, Vittorio Grilli, direttore generale del Tesoro. Il primo nome è stato fatto proprio da Draghi all’incontro con Berlusconi e Tremonti e sarebbe una continuità dell’ottimo lavoro, già svolto dall’attuale governatore, in tema di vigilanza.
Ma la soluzione Saccomanni non piace a Tremonti, che smania per avere un suo uomo a Palazzo Koch, il suo fidato Grilli, con cui collabora al Tesoro.
Se il premier dovesse decidere per Saccomanni, ciò rappresenterebbe una mossa di contenimento dello strapotere del suo ministro e un occhio di riguardo verso la dirigenza di Bankitalia, che scalpita per avere un proprio uomo in continuità con quanto già fatto da Draghi. Non è detto che la nomina arrivi subito, potrebbe anche slittare a dopo l’estate. Il premier non vuole essere affrettato, magari così rosolando a fuoco lento il suo ministro.