Seicento mila persone avrebbero partecipato ieri allo sciopero generale indetto dalle quattro più importanti sigle sindacali inglesi del pubblico impiego per protestare contro i tagli al settore pubblico e la riforma delle pensioni del governo di David Cameron. Allo sciopero, per la prima volta dopo 127 anni, hanno partecipato anche i dirigenti scolastici, in protesta contro i tagli che definiscono draconiani di Cameron e il suo governo. Oggetto della maggiore opposizione di sindacati e lavoratori pubblici resta la riforma delle pensioni, con l’innalzamento dell’età della pensione dagli attuali 60 anni ai 66 anni, entro il 2018, nonchè il passaggio integrale dal sistema retributivo a quello contributivo, con una previsione di un abbassamento dell’importo delle pensioni, non più legate all’ultima retribuzione, come oggi ancora avviene in Gran Bretagna, facendo dei dipendenti del pubblico impiego l’ultima categoria sociale, forse, privilegiata in Europa, per trattamento ricevuto con il sistema previdenziale. Previsto, inoltre, un aumento dei contributi da loro versati.
I sindacati hanno chiesto ai loro iscritti di incrociare le braccia anche in forma di protesta contro il piano dei tagli dei posti di lavoro già approvati dal governo per almeno 330 mila unità, ma dovrebbero almeno essere di mezzo milione su due milioni, nelle intenzioni di Cameron, per riportare all’ordine i conti pubblici.
I sindacati hanno affermato che la riforma di Cameron è una tassa, sotto forma di tagli alle pensioni e ai posti di lavoro, che pagano i dipendenti pubblici.
Dal canto suo, il premier britannico ha affermato che i tagli si rendono necessari al fine di evitare lo scoppio del sistema previdenziale che – dice – potrebbe crollare, così come per riportare all’ordine un deficit pubblico alle stelle, che nel 2010 ha viaggiato oltre l’8%, con il rischio di “downgrade” da parte delle agenzie di rating.
Alcuni cartelli esposti durante i cortei hanno parlato di “rapina”. E sono rimasti chiusi scuole, uffici pubblici, tribunali, musei, aeroporti, in una situazione del tutto rara in Gran Bretagna.
Il premier si è detto fiducioso, dato che sono in corso negoziazioni, ma chiarendo che i tagli si dovranno fare. Dello stesso avviso il vice-premier, il libdem Nich Clegg, che si dice rammaricato, dato che il governo sta negoziando con i sindacati.