Quattordici arresti, quaranta indagati e quasi 100 milioni di beni sequestrati, tra denaro contante, locali e immobili: è il risultato di una maxi operazione condotta dalla Dia di Napoli nei confronti dei presunti prestanome dei boss Lo Russo. Negli atti dell’inchiesta figurano anche due nomi eccellenti, quello di Fabio Cannavaro e del capo della squadra mobile del capoluogo partenopea, Vittorio Pisani. Per l’ex capitano della nazionale, ex calciatore di Napoli, Parma e Juventus, il coinvolgimento è determinato dal possesso di una quota di una delle società poste sotto sequestro: secondo gli inquirenti Cannavaro, che non è iscritto nel registro degli indagati, ha fatto da prestanome all’imprenditore Marco Iorio, in rapporto con il gruppo Mario Potenza, organizzazione implicata in un giro di usura e legato a diversi clan camorristici.
Risulta invece indagato Vittorio Pisani, capo della squadra mobile di Napoli, con l’accusa di favoreggiamento nei confronti dello stesso Iorio; i pm ritengono che Pisani abbia fornito notizie riservate sull’inchiesta in corso, consentendo così all’imprenditore di sottrarre beni al sequestro e di depistare le indagini: “il dirigente della Mobile – si legge nel comunicato diffuso dalla Procura di Napoli – si è fortemente speso in difesa dell’amico Iorio, tenendo comportamenti decisamente contrari ai doveri connessi con l’alto ruolo ancora oggi rivestito”. Altro addebito mosso al poliziotto è quello di non aver indagato, pur essendone a conoscenza, sul reimpiego da parte di Iorio di capitali illeciti prodotti dal riciclaggio e l’ usura praticati dal clan Lo Russo. Per Pisani è stato anche disposto il divieto di dimora a Napoli e sarà trasferito a Roma. Il procuratore capo Giandomenico Lepore descrive Vittorio Pisani come”un uomo brillantissimo, incappato in una disavventura forse per amicizia”.
Per le indagini sono stati sequestrati alcuni dei locali più noti di Napoli come il bar “Ballantine” e i ristoranti-pizzeria “Pizza Margherita” e “I re di Napoli” in via Partenope, la paninoteca “Dog Out” in piazza Municipio, il ristorante “Villa delle Ninfe” a Pozzuoli. L’inchiesta si è concentrata su un’ingente attività di riciclaggio e usura: i capitali illeciti entrati così in possesso dell’organizzazione, erano reinvesti, secondo l’ipotesi degli inquirenti, in catene di ristoranti, pub e bar. Sequestri ci sono stati anche a Genova, Bologna, Torino, Varese, Caserta.