La data unica è stata fortemente voluta dai dettaglianti, per evitare furbizie tra le regioni, con una concorrenza che spesso si è giocata sulla data di partenza dei saldi, in modo da anticipare la regione confinate e accaparrarsi parte della clientela a ridosso dei confini.
Ma l’anticipo al 2 luglio è la spia di un malessere tra i negozianti italiani, che ha due componenti: la prima è congiunturale e si ricollega alla crisi che il settore vive da quando è iniziata la recessione del 2008; la seconda è strutturale.
Quanto alla prima causa, basti pensare che ancora in questi primi sei mesi del 2011, il settore dell’abbigliamento ha esitato un calo dello 0,3% sullo stesso periodo del 2010, che conferma la stagnazione dei consumi. La mossa di anticipare i saldi, quindi, dovrebbe consentire un recupero delle vendite.
Ma il dato strutturale è che da anni, di fatto, i negozianti cercano di anticiparsi gli uni con gli altri la data di inizio dei saldi, ma poichè è illegale farlo, si trovano escamotage, quali sconti riservati ai clienti, ma poi nei fatti estesi un pò a tutti, sms, email, facebook, che un pò tutto l’anno ormai invitano agli acquisti, prevedendo prezzi da “saldi”.
Agli inizi di gennaio, quando si discusse della data unica dei saldi, in tutta Italia, si era parlato anche di liberalizzarli, ossia di fare in modo che ciascun negoziante possa decidere se e quando farli. Questo non solo sarebbe un beneficio per il commercio, ma anche per il consumatore, che potrebbe godere di prezzi concorrenziali tutto l’anno, forse rinvigorendo un mercato, che ai tempi degli acquisti online, rischia seriamente di compromettersi.