L’entità della manovra dovrebbe essere tra 40 e 45 miliardi, quasi un punto di pil all’anno, non di poco conto, ma più assorbibile di quanto si creda. Ieri, Tremonti ha comunicato alcune delle sue proposte, che mirano a dare un colpo di accetta agli emolumenti dei parlamentari e ai loro benefit, considerati, non a torto, dagli italiani, privilegi scandalosi.
Si tratta di portare gli stipendi dei parlamentari alla media europea, già dalla prossima legislatura, di ridurre le auto blu, la cui cilindrata non potrà superare i 1600, così come di ridurre i voli di stato, limitandoli solo alle prime quattro cariche dello stato, di eliminare le pensioni d’oro e i vitalizi dei parlamentari e di ridurre ampiamente il budget a disposizioni di Camera, Senato e Quirinale.
Con le cifre che si otterranno, di certo non si farà la manovra, ma è un segnale che il governo vuole inviare, di maggiore sobrietà e di giustizia sociale, partendo da “sacrifici” dall’alto, non dai soliti noti.
Berlusconi, intanto, frena sull’aumento dell’Iva, per finanziare il minore gettito previsto per la riduzione delle aliquote Irpef, così come pretende da Tremonti che si conservino le detrazioni fiscali sulla prima casa, pur in presenza di tagli alla giungla di detrazioni e deduzioni fiscali, pari a circa 196 miliardi di euro all’anno.
E’ su questo mare “magnum” che il governo potrebbe trovare la quadra, anche se una cosa è parlare di cifre in astratto, una cosa è poi colpire determinate voci e gli interessi che vi stanno dietro. Una cosa parrebbe certa: la riforma fiscale si farà, ma c’è bisogno di mandare ai mercati il messaggio di un governo unito sull’obiettivo del pareggio di bilancio. Le “locuste della speculazione” sono in agguato.