Sembra ottimista il premier George Papandreou sull’esito del voto del Parlamento di Atene sul pacchetto di austerità, la cui approvazione è condizione necessaria e preliminare al varo degli aiuti da 12 miliardi, già promessi dalla UE, lo scorso anno. Sembra persino guardare avanti il premier greco, consapevole che dopo la tranche dei 12 miliardi, saranno necessari altri prestiti, che potrebbero ammontare agli stessi 110 miliardi del primo piano varato a maggio 2010, o comunque una cifra simile.
L’entità della cifra che la Grecia necessiterà dipende dalla quantità di titoli che verranno rinnovati alla scadenza dalle banche. Se il rinnovo fosse molto basso, la somma da finanziare sarebbe altissima. Proprio per non trovarsi impreparati, i Paesi della UE, Italia compresa, stanno incontrando le banche, che dispongono titoli ellenici in portafoglio, per verificare quali siano le loro intenzioni.
Non è un mistero che tale operazione di “convincimento” a rinnovare i titoli alla scadenza sia considerata da qualche agenzia di rating, come Fitch, ma anche dalla stessa BCE, come un “credit event”, ossia un caso di default di fatto. Il timore è che anche i mercati possano vivere tali iniziative come l’annuncio di un default, scatenando il crollo di Atene e ripercussioni devastanti in tutta l’Eurozona.
Proprio per questo, la Germania si fà aprifila di quegli stati UE contrari a incentivare il rinnovo alla scadenza dei titoli greci, perchè non sarebbe rispettoso dei mercati, nè della volontà di coinvolgimento, seppur su base volontaria, degli investitori privati all’operazione di salvataggio.
Ma la paura di default greco sui mercati non arretra, se è vero che ieri lo spread tra i decennali italiani BTp e i Bund tedeschi è esploso a 214 punti base, ai massimi da dieci anni.