Ma conviene una manovra fiscale del genere all’economia italiana? Ebbene, secondo le stime e le elaborazioni della Confcommercio lo “scambio” Irpef-Iva non è conveniente in quanto l’effetto per il ciclo sarebbe sostanzialmente depressivo. Considerando la parità dei saldi, e quindi aumentando l’Iva di 1 o 2 punti percentuali, e diminuendo l’Irpef per la stessa entità, la Confcommercio ha ricavato che in questo modo ogni anno le famiglie andrebbero a spendere in media 341 euro in meno; questo comporterebbe sia una diminuzione dei consumi, sia un calo del prodotto interno lordo nazionale dell’ordine dello 0,6%, ed un extra deficit calcolato tra 1 miliardo e 1,6 miliardi di euro.
L’analisi della Confcommercio, vista dal lato delle ricadute a livello economico, fa sostanzialmente il paio con le recenti affermazioni della Cgil, che ha seccamente bocciato l’ipotesi di ridurre l’Irpef a fronte di un contestuale aumento dell’imposta sul valore aggiunto (Iva). Questo perché, tra l’altro, i milioni di poveri che in Italia Irpef non ne pagano, si ritroverebbero a dover spendere di più a parità di consumi per i beni di prima necessità. Insomma, sarebbe una stangata sugli incapienti.