Già per quest’anno, i conti pubblici di Atene dovrebbero essere migliorati di 6,5 miliardi di euro, quasi il 3% del pil. Si darà, inoltre, il via a un pacchetto di privatizzazioni da 50 miliardi di euro, fondamentali per ottenere il prestito di 12 miliardi di euro dall’Europa, che pretende garanzie.
Il pacchetto dei 6,5 miliardi si dovrebbe inserire in un più ampio piano di tagli alla spesa pubblica e aumenti di imposte su lavoro e pensioni, di circa 28 miliardi entro il 2015.
Se oggi il piano non dovesse essere approvato, la Grecia potrebbe dire addio agli aiuti europei, ma dopo stanotte tale prospettiva sembra essersi allontanata. Ma non per questo, da domani le cose andranno meglio, per due ragioni: bisogna vedere se il governo sarà in grado di realizzare quanto scritto sul piano concordato con Bruxelles e c’è da verificare quale sarà l’opposizione popolare alle nuove misure.
Sul primo punto, va detto che già una volta Papandreou ha fallito, dichiarando di non essere stato in grado di raggiungere gli obiettivi, previsti e concordati con la UE, in occasione del varo degli aiuti, nel maggio 2010.
Quanto all’aspetto della reazione popolare, c’è il rischio che le tensioni già fortissime, possano esplodere in manifestazioni e scioperi, che potrebbero fungere da potente arma di ricatto contro la politica di Atene.
Per questo c’è da stare poco sereni.