Russia, incognita sulle prossime presidenziali

In Russia è tempo di bilanci, così come di prepararsi alla prossima sfida delle elezioni presidenziali previste per il mese di marzo dell’anno prossimo. Ma, contrariamente ai programmi già definiti da anni dagli stessi protagonisti, la partita politica starebbe diventando un pò più interessante, grazie alla mancanza ufficiale di un candidato per il Cremlino in quota Russia Unita, il partito di Medvedev e Putin, rispettivamente presidente e premier. La storia nasce da lontano. Siamo agli sgoccioli del 2007, si avvicinano le elezioni presidenziali del 2008, con Vladimir Putin che si trova già alla fine del secondo mandato. La costituzione gli vieta di ricandidarsi per la terza volta consecutiva; c’è chi pensa di ritoccare proprio la costituzione, ma alla fine prevale una linea più rispettosa del dettato formale della legge fondamentale, con un accordo tra lui e il suo amico Dmitri Medvedev che allora ricopriva la carica di vice-premier. L’accordo prevedeva che Medvedev si sarebbe candidato alle presidenziali e, una volta eletto, avrebbe nominato Putin primo ministro.

E così è stato, secondo i piani. Dal 2008, quindi, la Russia mostra una politica bicefala, con due uomini forti alla guida di due altrettanto forti poteri. All’inizio, tuttavia, la diffidenza verso Medvedev a livello anche internazionale era forte, considerato solo un portavoce di Putin, il vero accentratore del potere politico ed economico russo.

Con il tempo le cose sono andate diversamente. Medvedev ha voluto imporre la sua linea politica di uomo liberale, favorevole al libero mercato più di Putin, con un’azione che ha creato non pochi momenti di contrasto tra i due. Come quando, un paio di mesi fa, il presidente ha chiesto a Putin di sollevare dall’incarico i ministri che sono al contempo membri di cda di aziende pubbliche e di tenere maggiormente in considerazione gli umori degli investitori nelle scelte politiche al fine di incentivare gli investimenti, creando un clima favorevole al capitalismo grazie a una maggiore trasparenza dell’azione pubblica.

Ora, il secondo punto dell’accordo prevede che Medvedev si ritiri e non si ricandidi per il Cremlino, lasciando correre di nuovo Putin. Ma il presidente non ha ancora sciolto la riserva e il premier russo ora teme che il suo “delfino” possa aspirare a un secondo mandato. E l’incertezza ha già scatenato la fuga di 30 miliardi di dollari dal Paese.

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