La parola timo deriva dal greco Thumos. Anticamente veniva bruciato durante sacrifici rituali e usato per scopi medicinali; i greci erano soliti produrre un delicatissimo miele ponendo gli alveari nelle vicinanze dei cespugli di timo. Erano riconosciute anche le sue doti antibatteriche, antiparassitarie e tonificanti tanto che veniva considerato l’antibiotico dei poveri.
E’ un cespuglio che cresce spontaneo sulle colline e lungo le coste del bacino mediterraneo, di cui è considerato originario. Coltivato anche nei climi più freddi, si è ben ambientato ovunque, anche se il suo aroma varia a seconda della latitudine. In Inghilterra è molto diffuso anche come pianta ornamentale.
Due sono le varietà principali di timo conosciute: quello propriamente detto e il serpillo o pepolino, che vengono considerate le più diffuse tra le piante aromatiche. Contengono un olio essenziale, il timolo, usato come disinfettante ma anche nei liquori e in profumeria. L’infuso è efficace contro raffreddore e indigestione; macerato nell’olio offre un balsamo ottimo per i dolori reumatici mentre le foglie polverizzate sono un eccellente sostituto del dentifricio. Usato in forti dosi è però altamente tossico.
Il timo può essere acquistato fresco e in rametti al supermercato oppure già essiccato in foglie intere o macinate: quello fresco può essere conservato in frigo anche per una settimana oppure lo si può congelare, se viene invece essiccato va poi conservato in barattoli di vetro ben tappati e al riparo dalla luce.
In cucina il timo è ampiamente impiegato quale aromatizzante per pesce, carne, salse di pomodoro, uova, minestre di verdura, marinate e per la frutta secca. E’ una delle quattro erbe che compongono il “bouquet garni” – un mazzetto di erbe aromatiche, legate da uno spago, indispensabile nella preparazione di minestre, brodo, sughi, spezzatini – insieme al prezzemolo, al sedano e all’alloro.